In cerca di guai by Mark Twain

In cerca di guai by Mark Twain

autore:Mark Twain [Twain, Mark]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2016-10-25T16:00:00+00:00


XLVI

A quei tempi c’era una quantità di ricconi; ogni nuovo filone di un certo valore ne creava un paio. Io ne ricordo parecchi: di solito erano tipi spensierati e gioviali, e la comunità beneficiava della loro ricchezza quanto loro stessi – in qualche caso anche di più.

Due cugini, per esempio, di mestiere carrettieri, fecero delle consegne per un tizio e, invece di trecento dollari in contanti, dovettero accontentarsi di un pezzettino di un remoto giacimento d’argento. Per poter cominciare a coltivarlo ne cedettero un terzo a un’altra persona e si rimisero a fare i carrettieri. Non per molto, però: dieci mesi dopo, il giacimento era in attivo e rendeva a ciascun proprietario tra gli ottomila e i diecimila dollari al mese – diciamo centomila dollari l’anno.

Uno dei primi ricconi sfornati dal Nevada andava in giro con seimila dollari in diamanti nascosti in petto, e giurava di non essere felice: non riusciva a spendere i suoi soldi con la stessa velocità con cui li guadagnava.

Un altro di questi danarosi personaggi vantava un reddito di sedicimila dollari al mese, e amava moltissimo rievocare che al suo arrivo in quelle terre lavorava per cinque dollari al giorno nella stessa miniera che ora gli rendeva tanto.

Lo Stato dell’argento e dell’artemisia ha conosciuto un altro di questi nati con la camicia, uno che nel giro di una sola notte passò dalla miseria più nera a una favolosa ricchezza; uno che arrivò ad offrire centomila dollari sull’unghia per aggiudicarsi una carica assai prestigiosa – ma non la ottenne, perché i suoi metodi politici non erano irreprensibili come il suo conto in banca.

E poi c’era John Smith. Era un bravissimo diavolo, figlio di povera gente, e di un’ignoranza portentosa. Aveva un carro e un piccolo ranch che gli garantiva un’esistenza tranquilla; è vero che non produceva molto fieno, ma quel poco gli fruttava tra i duecentocinquanta e i trecento dollari in oro la tonnellata. Presto Smith cedette qualche acro del suo ranch in cambio di un piccolo giacimento d’argento a Gold Hill, non ancora coltivato. Iniziò i lavori e costruì un piccolo frantoio con dieci mazze battenti, una cosetta senza pretese. Diciotto mesi dopo si ritirò dal commercio del fieno, perché il suo giacimento gli rendeva cifre assai rassicuranti: chi diceva trentamila dollari al mese, chi sessantamila. Comunque fosse, Smith era un uomo molto, ma molto ricco.

Così se ne andò a fare un lungo viaggio in Europa, e quando tornò non si stancava mai di raccontare dei bellissimi maiali che aveva visto in Inghilterra e delle fantastiche pecore che aveva visto in Spagna e delle vacche impareggiabili che pascolavano nei dintorni di Roma. Traboccava delle meraviglie del vecchio continente, e consigliava a tutti di viaggiare; chi non ha viaggiato, diceva, non può neanche immaginare le sorprese che ci sono al mondo.

Un giorno, sulla nave, i passeggeri avevano messo insieme un piatto di cinquecento dollari, che sarebbe toccato a chi avesse indovinato con la maggior approssimazione il numero di miglia che la nave avrebbe fatto nelle successive ventiquattr’ore.



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