In cordata by Mario Curnis Simone Moro

In cordata by Mario Curnis Simone Moro

autore:Mario Curnis, Simone Moro [Mario Curnis, Simone Moro]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Alpinismo
ISBN: 978-88-58-68224-1
editore: Rizzoli
pubblicato: 2017-06-26T16:00:00+00:00


Ma i gelati non li avete?

Simone Moro

Io purtroppo non ho vissuto il periodo in cui il rifugio era il centro focale del “prima” e del “dopo” alpinismo. Non nel senso che “prima” ci si dormiva e “dopo” ci si rifocillava: come dice Mario, nei rifugi nascevano anche le idee, si parlava, si progettavano le spedizioni o le salite. Era un ambiente anche goliardico, ma non villano: chi mi racconta del rifugio di allora non racconta mai di un posto senza regole, ma di un luogo di aggregazione forte, come, mi dicono, erano pure le sedi del Cai di una volta. Al rifugio potevi incontrare le cordate che si preparavano a partire il giorno dopo, gli alpinisti più forti e i giovani che li ascoltavano pendendo dalle loro labbra. Si creavano amicizie, miti, desideri di emulazione, sogni. E anche cantare era normale, mentre oggi, se canti in un rifugio, chiamano il gestore.

Però non ovunque è così: di solito quelli meno raggiungibili, dove si arriva con più di tre ore di cammino, sono rimasti come i rifugi di un tempo. Negli altri, invece, trovi gente che spesso va in montagna solo perché in città c’è troppo caldo. Gente che vuole il ghiacciolo, e se non lo trova ha il coraggio di chiedere: «Ah, non avete i gelati? Come mai?». Mentre di solito, dopo una camminata di tre ore, uno ha avuto modo di sudare fuori anche le domande più idiote: ecco perché quelli più lontani sono rimasti dei rifugi vecchia maniera.

L’unico luogo in cui ho avuto modo di viverne veramente il clima autentico è stato il rifugio Albani, sotto la parete nord della Presolana. Lì ho passato dei mesi, tra il 1991 e il 1994, perché ho aperto tre vie e fatto delle ripetizioni importanti. I rifugisti erano Renzo e Luciana, che hanno l’età di Mario e che gestivano il posto alla vecchia maniera: tutti davano una mano, sparecchiavano, si faceva la cantata e la gente non chiedeva il ghiacciolo… Quando ci penso, mi mancano. Ma è un’esperienza irripetibile, per me, perché se oggi ci andassi sarebbero diverse le aspettative di chi incontro: mi chiederebbero di tenere una conferenza o di firmare un autografo. Sono cose bellissime, però non so se riuscirei più a vivere l’ambiente con la rilassatezza necessaria.

Oggi poi si usano meno i rifugi anche come punti di partenza per le salite, non solo come luoghi di aggregazione. Ed è uno sbaglio, perché partire dal rifugio è sempre meglio. Però è così: non ci si va più a dormire la notte prima o non ci si ferma più la sera dopo, perché bisogna essere a casa a mezzogiorno, se no la moglie si incazza, o perché c’è la Coppa del mondo in televisione. Fondamentalmente non sono cambiati i rifugi: è cambiata la gente che ci va. E anche gli alpinisti. Una volta nel weekend cercavano un unico intrattenimento: fare la via in montagna. Oggi invece un solo “riempitivo” non è contemplato. C’è ancora la scalata, ma si parte prima e leggeri, si fa alla svelta e non ci si ferma a mangiare, e quindi si “skippa” il rifugio.



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