In salita by Chris Bonington

In salita by Chris Bonington

autore:Chris Bonington [Bonington, Chris]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2020-06-24T16:00:00+00:00


12

L’Ogre

Assordati dal frastuono dell’elicottero arrivammo allo sbocco della grande gola dell’Indo, subito dopo la quale sotto di noi comparve Islamabad. Sentii in cuffia la voce del pilota.

«Lei dov’è alloggiato? Vedo di portarla il più vicino possibile.»

«All’ambasciata britannica.»

«Non posso atterrare lì. Il punto più vicino cui posso arrivare è il campo da golf.»

Atterrammo al diciottesimo green. Un piccolo gruppetto di giocatori rimase in rispettosa attesa, cercando di ripararsi dall’aria prodotta dalle pale del rotore, attendendosi senza dubbio di vedere uscire un generale pachistano elegantemente vestito. Ciò che videro invece era un alpinista britannico scheletrico, con una calzamaglia rossa sozza, barba lunghissima, trasandato e con un braccio fasciato al collo. L’elicottero ripartì e io mi diressi al circolo. Quando mi avvicinai alla reception, dove chiesi di poter fare una telefonata, i presenti fecero in modo di svanire. Mezz’ora più tardi un amico dell’ambasciata era già arrivato a prendermi.

Le montagne in realtà sono solo grossi blocchi di roccia coperta da ghiaccio e sembra davvero da folli ascrivere loro una qualche personalità. Eppure io avevo sentito appieno la maligna presenza dell’Ogre. Nella storia che si era appena svolta la montagna aveva interpretato la parte del cattivo, una forza maligna che aveva giocato al gatto e al topo con noi. Si era divertita per bene e poi, dopo averci pestati e graffiati, ci aveva lasciati andare. Io ero stato l’ultimo a fuggire, abbandonato in un distante villaggio balti, da solo, per circa una settimana. Aveva lasciato a tutti noi ferite sia psicologiche sia fisiche, per la cui guarigione avremmo dovuto attendere davvero a lungo.

Dopo la parete sud-ovest dell’Everest la mia vita, come anche quella di tutti gli altri, in misura maggiore o minore, subì un cambiamento indiscutibile. Per qualche tempo diventammo di pubblica proprietà. Molti mi chiesero cosa avrei fatto dopo, mentre qualcun altro era del parere che all’età di quarantun anni mi sarei dovuto ritirare. Credo che avrei potuto intraprendere una qualche strada nel servizio pubblico in un modo simile a John Hunt. Di certo sembrava che stessi diventando una vera e propria figura istituzionale, in mancanza di un termine migliore. Ottenni l’onorificenza di commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico, mi fecero vicepresidente del British Mountaineering Council, ricevetti un incarico allo Sports Council e mi fu chiesto di partecipare a un numero sempre maggiore di azioni filantropiche. L’Everest, però, non aveva segnato l’epilogo, ma solo la fine di un capitolo. Era stata una sfida logistica impegnativa ma che alla fine aveva ripagato, la più complessa che avessi mai affrontato. In termini alpinistici, segnò il punto più alto raggiunto dalle spedizioni in stile assedio. Passato il 1975, nonostante molti scalatori abbiano continuato a usare corde fisse e ossigeno, l’interesse tra gli scalatori di punta si spostò verso quel tipo di sfide senza quel tipo di supporto. Reinhold Messner, dopo aver trovato a Salisburgo un giornale in cui si parlava del nostro successo, già sapeva quale sarebbe stata la prossima grande sfida: l’Everest senza ossigeno.

Il mio amore per l’alpinismo peraltro era più grande che mai e non avevo la minima intenzione di appendere gli scarponi al chiodo.



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