Interismi by Beppe Severgnini

Interismi by Beppe Severgnini

autore:Beppe Severgnini
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-06-20T16:00:00+00:00


* * *

A San Siro, nell’intervallo di Inter-Brescia, pensavo: cosa ci faccio qui? La domanda non è nuova. Se la pose Rimbaud (o era Verlaine?) appena sbarcato in Eritrea, e Bruce Chatwin la riprese come titolo d’un libro (What am I doíng here?). Ma io sono più allegro di Rimbaud, meno poetico di Verlaine e non avventuroso quanto Chatwin. Quindi, cosa ci facevo lì?

Considerate le seguenti circostanze.

L’Inter era sotto di un gol (tuffo di Bonera, che spero non sia parente del direttore di “Sportweek”. Rigore discutibile, ma gliel’hanno dato).

Il Brescia — squadra simpatica, per carità — sembrava un incrocio tra il Bayern Monaco e il Real Madrid.

Il seggiolino di plastica, quando perdi in casa col Brescia che sembra il Real Madrid, diventa scomodissimo.

Per andare a San Siro, ogni volta, ci si mette un’ora (quando va bene).

Gli ultras del Brescia, entrando, avevano vomitato insulti contro tutto e tutti (donne e bambini compresi). Il mio amico angloveronese Tim Parks (Questa pazza fede) li considera forse simpatici mattacchioni. A me fanno pena e rabbia.

Poi Re Ronaldo ha segnato, e molte cose sono cambiate. Il seggiolino di plastica è diventato più comodo, l’ingorgo per allontanarsi da San Siro sopportabile. Perfino gli ultras mi facevano più pena che rabbia. Anche se il combattimento rituale con la polizia continuava a sembrarmi assurdo. C’erano centinaia di agenti, dentro e fuori San Siro. Moltiplicavo per le partite di calcio in giro per l’Italia, e pensavo a quante cose utili avrebbero potuto fare, quegli agenti, invece di star li a curare quattrocento ragazzotti che giocavano alla guerra.

L’importante, comunque, è non dargliela vinta. Perché gli stadi sono dei papà e dei bambini, anche se certa gente non lo capirà mai.

Gli stadi sono posti dove c’è un prato verde smeraldo che luccica come un gioiello su un marciapiede. Di qui e di là, due porte bianche. Guardatele, un giorno, quando il pubblico se ne va: sono di una semplicità commovente. Pensate alle passioni e agli sforzi che si concentrano in quei metri quadrati. Il calcio è bello per questo: sembra uno sport semplice, per cui basta poco. In effetti, è uno sport per intenditori. San Siro, come ogni stadio d’Italia, approva e applaude un’apertura di prima perché la capisce. Gli americani, che per amare il calcio pensano di dover contare i gol, non lo capiscono. Per lo stesso motivo per cui voi ed io non comprendiamo l’arte astratta o l’opera cinese. Non abbiamo studiato abbastanza. Il calcio abbiamo cominciato a leggerlo a sei anni. Molti di noi continuano.

Uno stadio è interessante perché offre lo spettacolo di un’umanità verticale: dove altro accade? In parlamento, ma sono più pochi (anche se fanno altrettanto baccano). A teatro: ma non avviene su quattro lati. A bordo di una nave in partenza, ma gli stadi non s’allontanano nel mare. Gli stadi rimangono lì a farsi ammirare, se uno si stanca di guardare la partita. Col Brescia, visto il gioco, poteva succedere. Ma noi interisti siamo poeti: vediamo l’ansia salire dal prato. È la nostra nebbia agli irti colli che piovigginando sale (è vero, mancano i colli.



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