Korolev by Paolo Aresi

Korolev by Paolo Aresi

autore:Paolo Aresi [Aresi, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Science Fiction
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


vertirono quel senso di vertigine, come se quelle verticalità

potessero schiacciarli. Si chiamavano Auster, De Lillo e

Smith. Uno di loro, Roth, era rimasto alla base NasaEsa. Il

pilota dell'astronave che li aveva condotti su Marte, non era

un militare, ma un astronauta: era rimasto anch'egli alla base.

Avevano toccato il suolo di Marte nel pomeriggio del 16 ot-

tobre con una perfetta manovra, con un approdo morbido,

senza scossoni. L'astronave madre era rimasta parcheggiata

in orbita marziana con modalità di funzionamento automati-

co.

I tre militari e i tre astronauti veterani di Marte cammina-

rono nella polvere del Noctis Labyrinthus fino al relitto della

Soyuz, a quella specie di campana sporca e bruciacchiata.

Disse Auster, comandante della missione militare: — Questa

è la Soyuz? — Hamilton assentì. I tre soldati diedero uno

sguardo alla navicella. Auster mormorò: — E incredibile.

Hamilton si sorprese. Auster non era tipo da commenti.

Era asciutto, persino sgarbato. Sbrigativo. Ma Auster aggiun-

se: — È arrivata 118 anni fa.

Hamilton disse: — Esatto.

Auster guardò Smith e De Lillo. Disse: — Dalla Terra. E

come ha fatto?

Hamilton deglutì. — Negli anni Sessanta del Novecento

esisteva una tecnologia astronautica rudimentale, ma effica-

ce. Korolev ha avuto molto coraggio e tanta fortuna.

Auster andò oltre, arrivarono all'ingresso della caverna, i

tre militari estrassero le pistole. Hamilton disse:

— Non ce n'è bisogno. — Auster disse: — Potrebbero es-

serci i russi.

Hamilton: — I russi non sono armati. Non hanno cattive

intenzioni.

— Il loro governo sì.

— Auster, ascolti: il loro governo è lontano duecento mi-

lioni di chilometri.

— D'accordo.

— E anche il nostro.

— Appunto. — Auster si fermò dentro la galleria, appena

passato il grande androne. Fissò Hamilton, disse:

— D'accordo, mi fido di lei. Riponiamo le pistole nella

fondina.

— Perfetto. È meglio così, mi creda. Camminarono sulla

superficie liscia, osservarono le

rocce, i colori variabili nella luce delle torce elettriche,

Hamilton si rese conto che Auster controllava regolarmente

il rilevatore radar per sincerarsi che nessuno potesse sorpren-

derlo alle spalle. Hamilton si disse che forse ce l'avrebbero

fatta, che forse il comandante Clarke sarebbe riuscito a dis-

suadere i soldati, a fare loro capire che non era necessaria

nessuna prova di forza.

Arrivarono nella zona della luce azzurrina. Auster chiese

subito: — Da dove proviene questa luce?

Hamilton scosse la testa: — Non lo sappiamo. Una delle

tante cose che non sappiamo. Né come si genera, né da dove

provenga l'energia.

— Non si spegne?

— Noi l'abbiamo sempre vista accesa.

Non si fermarono. A un certo punto De Lillo disse:

— Un generatore nucleare, una fluorescenza che proviene

dall'eccitazione dei gas dell'aria.

Auster disse: — La pressione dell'aria è in costante au-

mento.

Hamilton annuì, disse: — Forse è come dice De Lillo, Non

lo sappiamo... Già, la pressione dell'aria cresce in maniera

notevole fino alla base.

Auster: — Effetto delle condizioni particolari della caver-

na.

Hamilton: — Pensiamo che sia un fatto più artificiale che

naturale, indotto da macchinari, pompe, non sappiamo.

De Lillo: — Non sappiamo niente.

Hamilton: — Quasi niente, in effetti. Se non che questa

base deve essere vecchia di circa centomila anni e che è stata

costruita da una civiltà aliena. Sappiamo che il sistema infor-

matico in qualche modo riesce ad agganciare i nostri pensie-

ri.

— I nostri pensieri?

— Già. E li proietta come immagini su schermi. Cammi-

narono in silenzio Hamilton, Gregor, Pamela

Dick, Auster, De Lillo e Smith.



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