La botta in testa by Tiberio Mitri

La botta in testa by Tiberio Mitri

autore:Tiberio Mitri [Mitri, Tiberio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio editore Palermo
pubblicato: 2017-11-14T23:00:00+00:00


VIII

Nel mio spogliatoio c’erano due poliziotti. Il Garden aveva il cesso a gettone anche per i pugili. Un poliziotto controllava il mio bendaggio, l’altro credo l’antidoping. Io che non ero mai stato sotto «gassosa» me ne fregavo. Venne il mio turno. Misi un altro gettone. Per un fatto nervoso all’ultimo momento, prima di salire sul quadrato dovevo spremermi.

Come sfidante e ospite salii sul palco per primo, seguito a ruota dal Toro. Con un’occhiata vidi che il Garden era pieno. Gli applausi erano mescolati a fischi. La nuova moda. Avevamo l’accappatoio di raso nero con risvolti bianchi. Uguali. Stessi gusti pensavo, perché anche lui era nato sotto il mio segno zodiacale.

L’arbitro Goldstein ci chiamò al centro del ring per le solite raccomandazioni e ci mise le mani tra le gambe. Ma non aveva quel vizio.

La Motta mi squadrava stringendo le mascelle come un cavallo serra il morso. In quei momenti di predica, mentre il pubblico sciupava le ultime scommesse ruminando pop-corn, pensavo a tutti i campioni che erano saliti su quel famoso ring. La mecca dei pugni. Anche l’arbitro era famoso. E vecchio.

La Motta era più basso di me, più largo, con un testone da peso massimo.

Aveva la fronte larga come gli schermi in cinerama. Era segnato dal mestiere abbastanza da garantirmi che anch’io lo avrei colpito. Faceva gli occhi cattivi, perché Turiello al peso gli aveva chiesto, perché non hai portato la cintura di campione che stasera passa di proprietà. Si era arrabbiato per quello. Se era così per l’incontro, durante la guerra doveva essere sempre incazzato. L’arbitro si rivolse a me venendo a ficcarsi sotto il naso, e dal tono voleva dire parlo anche per te. Io dico, yes. Ma non lo filo. Strette di mano, inni nazionali, fuori i secondi. Mi strofinai bene le scarpette sulla resina.

Al gong, Jack parte a tutta birra e mi coglie subito con forti ganci al viso. Mi ero appena girato dal mio angolo che lui cercò di sorprendermi. Niente fasi di studio. Il Toro. Capivo che doveva essere ben allenato per darci dentro subito a tutta forza in un match di quindici round. Nel secondo round reagisco colpendolo al corpo e mi resi conto della sua quercia. Lui centrava, la gente gridava, io mi buttavo dentro a due mani al contrattacco. Tentai di arginarlo con una sfuriata rabbiosa. Lo fermai nell’azione, ma ne inventò un’altra più spietata, più veemente. Mi attaccò colpendomi ai fianchi e alla nuca con dei colpi incrociati. Che vuol dire i suoi destri sui miei sinistri e viceversa. Stavo subendo nettamente.

Riprendemmo con un ritmo sostenutissimo. Non mi riusciva di affondare il sinistro ché mi doleva dall’inizio del round. Un forte scambio al corpo ci trovò al gong della terza ripresa. Nel quarto lo subivo nettamente e avevo un ronzio in testa. Quando iniziò il quinto, feci un balzo al centro del ring e gli scaricai un destro in testa. Lui aspettò il colpo e abbassò il mento, il mio diretto andò a sbattere sulla sua fronte. Questa era una sua tattica per farmi rompere le mani.



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