La generosità della sirena by Denis Johnson

La generosità della sirena by Denis Johnson

autore:Denis Johnson [Johnson, Denis]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858431832
Google: EyKwDwAAQBAJ
editore: Einaudi
pubblicato: 2019-09-23T22:00:00+00:00


Doppelgänger, poltergeist

Ieri, 8 gennaio 2016, era l’ottantunesimo anniversario della nascita di Elvis Presley. Sono passati due giorni da quando ho saputo che il poeta Marcus Ahearn (noi lo chiamiamo Mark) è stato arrestato, o trattenuto, una settimana fa per aver scatenato un pandemonio a Graceland, la tenuta della famiglia Presley a Memphis. Di fatto, Mark è stato fermato per avere danneggiato, o tentato di danneggiare, la tomba di Elvis Presley. Le bravate di un poeta non si guadagnano titoli sui giornali. Ho saputo dei guai di Mark da amici comuni. E mi sono detto che è caduto, infine, tra le fauci dei poteri che ha infastidito e tormentato per quasi quarant’anni: dico quarant’anni perché so che il 29 agosto 1977, quando era ancora minorenne, Mark partecipò con altre persone al tentativo di depredare la tomba originale di Presley nel cimitero di Forest Hill a Memphis, un tentativo – immancabilmente corredato, nei resoconti dei giornali, dall’aggettivo «bizzarro» – che portò al trasferimento dei resti di Elvis, insieme a quelli di sua madre Gladys Love Smith Presley, nella tenuta di Graceland, dove ora madre e figlio riposano al sicuro, fianco a fianco, in due identiche bare di rame da quattrocento chili l’una… E Mark mi ha confessato, a tu per tu, che poco dopo la mezzanotte dell’8 gennaio 2001, al debole chiarore di una falce di luna, era entrato nel cimitero di Priceville vicino a Tupelo, in Mississippi, aveva dissotterrato una bara in miniatura da una tomba senza lapide e l’aveva forzata per spogliarla del suo contenuto, cioè il cadavere del gemello di Elvis Presley, Jesse Garon Presley, nato morto.

Nella misura in cui possediamo un elenco di autentici poeti, Marcus Ahearn ne fa certamente parte. Lo conobbi nel 1984, mentre tenevo un laboratorio di poesia alla Columbia. Mark aveva poco piú di vent’anni. Io ne avevo trentacinque. Avevo già tenuto alcuni laboratori di quel genere nel decennio precedente, analizzando faticosamente i versi di studenti di ogni tipo, non solo i dottorandi dei laboratori di scrittura, ma anche i bambini dei programmi di «poesia nelle scuole» finanziati dallo stato, i pensionati dei corsi d’arte dei centri ricreativi, e una volta, per piú di un anno, i rapinatori, i contrabbandieri e i gangster di una prigione federale, chiedendomi, piú o meno costantemente: i miei lavori sono migliori dei loro? Le prime cinque o sei poesie di Marcus Ahearn mi fornirono la risposta. Quella sí che era poesia, verso dopo verso di autentica poesia, e mentre tenevo in mano quei fogli un’angoscia segreta allentò la stretta sul mio cuore, e io accettai il fatto che non sarei mai stato un poeta, ma solo un insegnante di poesia.

Mark aveva il look giusto: giacche di tweed, pantaloni cascanti di velluto a coste e cardigan voluminosi. Aveva una capigliatura da poeta, tempestosi riccioli color rame, e una faccia molto gradevole, liscia come quella di una bambola, con rotondi occhi azzurri da bambola e guance rosa da bambola. Naso a patata, bocca piccola, un sorriso ammaliante che sfoggiava volentieri. Era pieno di fascino.



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