La giudice by Paola Di Nicola Travaglini

La giudice by Paola Di Nicola Travaglini

autore:Paola Di Nicola Travaglini
La lingua: ita
Format: epub
editore: HarperCollins Italia


Mentre leggo e rileggo arriva la telefonata

del presidente del Tribunale

Mentre leggo e rileggo arriva la telefonata del presidente del Tribunale per i turni del periodo estivo e, invece che pensare se andrò in vacanza ad agosto o a settembre, mi viene subito alla mente che dentro le camere di consiglio, piccole e strette, in cui nasce l’interpretazione e si vivificano le norme giuridiche nella realtà storica e sociale, siedono in gran parte donne;1 mentre nelle ampie e luminose stanze delle presidenze dei Tribunali e delle Procure della Repubblica dell’ultimo piano si trovano quasi solo uomini. Dal primo concorso in magistratura l’accesso delle donne nell’ordine giudiziario ha registrato, nel primo periodo, una media del 4-5%, per aumentare intorno al 10-20% dopo gli anni Settanta, al 30-40% negli anni Ottanta, fino a un balzo del 54,9% nel 2021.

Oggi, su 9.349 magistrati, le donne sono – come ho già precedentemente riportato – 5.135.

Nel 2021 ha preso servizio il 60,8% di donne ma la maggior parte di queste non sa che alle loro nonne, meno di cinquant’anni fa, era vietato anche solo aspirare a diventare magistrate della Repubblica italiana. Tra pochi anni queste pagine saranno solo preistoria, sebbene oggi continuiamo a viverle.

La rapidità degli eventi rischia di cancellare la memoria che, invece, dobbiamo tenere sempre accesa, come un faro. Altrimenti non comprenderemo mai la radice della violenza contro le donne e non la sapremo giudicare adeguatamente.

In venti anni non ho mai avuto il piacere e l’orgoglio di avere una collega come dirigente del mio ufficio: le avrei chiesto mille cose sul suo debutto nella società delle toghe. Mi sarei tolta infinite curiosità e preoccupazioni.

Perché noi donne siamo nelle stanze del primo piano e non in quelle dell’ultimo?

Molte di noi sentono che dirigere un Tribunale o una Procura determina inevitabilmente la rinuncia a un pezzo di sé, alla propria vita personale. Vuol dire trasferirsi e allontanarsi di nuovo, sopportare preoccupazioni, ansie, avere responsabilità di sé e dei magistrati del proprio ufficio, garantire presenza costante, telefonare a tutte le ore, prendere decisioni immediate.

Ma non è una quotidiana rinuncia a un pezzo di sé e alla propria vita personale, non comporta ansia e preoccupazione anche coordinare l’indagine su un’associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di armi che conta tra gli affiliati cento persone di nazionalità tra loro differenti? O affrontare udienze in cui rivesti il ruolo di pubblico ministero o di giudice (ciascuno solo nel proprio scranno) con decine di processi, di imputati, di testimoni, di periti, di vittime e avvocati che osservano ogni tuo movimento in attesa di uno sbaglio? O coordinare il lavoro di decine di finanzieri su complessi documenti bancari da decrittare e da tradurre in capi di imputazione o in sentenze che passeranno al vaglio di altri magistrati? O scrivere provvedimenti in cui dare conto, in modo compiuto, consequenziale, logico e sintetico del contenuto di ottanta faldoni di intercettazioni telefoniche, di appostamenti, di sequestri, di testimonianze, di fotografie? O decidere a chi affidare i figli in una separazione giudiziale con genitori piegati



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