Una storia dei diritti delle donne by Alessandra Facchi;Orsetta Giolo;
autore:Alessandra, Facchi;Orsetta, Giolo; [Facchi, Alessandra Giolo, Orsetta]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Diritto, Universale Paperbacks il Mulino
ISBN: 9788815410993
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2023-10-14T22:00:00+00:00
3. Il ruolo delle donne nei regimi totalitari
Lâaffermazione dei diritti delle donne conosce un brusco arresto con lâascesa dei totalitarismi e la conseguente torsione ideologica degli ordinamenti giuridici. Nel 1922, in Italia, inizia «lâera fascista» guidata da Benito Mussolini; nel 1933 Adolf Hitler sale al potere in Germania, dando il via alla costruzione del Terzo Reich nazista, e nel 1939 si instaura il regime dittatoriale di Francisco Franco in Spagna.
Lâarresto non riguarda certamente solo i diritti delle donne: nazismo e fascismo rivelano come i diritti fondamentali dei cittadini previsti negli ordinamenti nazionali ottocenteschi fossero una costruzione fragile. I più elementari diritti di libertà personale, di espressione, di opinione politica, di religione, di habeas corpus e di garanzia contro il potere dello Stato sono sistematicamente, ufficialmente e profondamente violati. La stessa idea di individui titolari di diritti inalienabili nei confronti del potere statale era incompatibile con lâideologia e con le politiche dei regimi dittatoriali. La concezione della popolazione nazionale come unità omogenea, organizzata in corporazioni e gruppi sociali di cui lâindividuo costituiva parte organica e solidale annullava la rilevanza pubblica della persona e dei suoi diritti.
Nellâambito di quei regimi, le donne diventano bersaglio di retoriche pubbliche e riforme giuridiche. Da un lato si mira a esaltarne la funzione materna, considerata centrale per la crescita demografica e dunque per la potenza della nazione, anche attraverso lâimposizione di un controllo più stringente del corpo femminile. Dallâaltro, si proibisce o si limita la partecipazione alla vita pubblica (come del resto avviene anche per gli uomini, con la chiusura delle associazioni non in linea con le ideologie al potere). Lâesaltazione della maternità confina le donne nel privato familiare, talvolta prevedendo delle vere e proprie esclusioni dal mondo del lavoro.
La dittatura fascista può essere considerata una forma «particolare e distinta» di dominio patriarcale[18], fondato su un antifemminismo interno al fascismo e in linea con una generalizzata avversione nei confronti dellâemancipazione femminile, diffusasi allâindomani della Grande guerra. Al centro di tale visione stanno la preoccupazione per il calo demografico e lâintento conseguente di adottare politiche dirette a incentivare la maternità : un esempio in tal senso si ha nel dicembre del 1925, quando viene istituita lâOpera nazionale maternità e infanzia, dedita allâassistenza di donne e bambini che non godono di un «tradizionale» contesto familiare. In generale, le famiglie (soprattutto se numerose) per trovare supporto possono rivolgersi a diversi enti statali, nei quali ha un ruolo importante il volontariato femminile, teso alla formazione e allâeducazione di madri e figli in chiave fascista. Al di là di attività di cura e assistenza sociale, il lavoro delle donne fuori casa è decisamente osteggiato: ogni occupazione è vista come una distrazione dal ruolo riproduttivo e una causa di depravazione morale anche grazie allâindipendenza economica. Alcune riforme agiscono contro lâoccupazione femminile abbassando il salario maschile e rendendolo competitivo con quello delle donne, ma anche introducendo vere e proprie limitazioni â presentate in chiave «protettiva» â allâaccesso al lavoro. Sul piano pubblico, le donne vedono tacitare le loro rivendicazioni, soprattutto in tema di suffragio,
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