La guerra dentro by Borri Francesca

La guerra dentro by Borri Francesca

autore:Borri Francesca [Borri, Francesca]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2014-02-14T23:00:00+00:00


Mi ricordo solo l’asfalto.

Che poi non era più neppure asfalto, era ricoperto come da una ghiaia di vetri, pietre, schegge – era la seconda linea del fronte, Sheik Maqsoud. Quei momenti in cui si capisce poco: avevano finito di bombardare da un paio d’ore, l’aria ancora spessa di fumo, ed era iniziata la caccia all’uomo, strada per strada. I ribelli che cercavano gli shabia. Uno a uno.

Ma mi ricordo solo l’asfalto.

Solo che mi sono ritrovata a terra, all’improvviso, ho attraversato per ultima, di corsa. Il cecchino sparava dalla nostra sinistra, da un ospedale o qualcosa di simile.

So solo che mi sono ritrovata a terra. Che mi aveva colpito l’ho capito dopo, quando mi sono rialzata e trascinata dietro un’auto.

Il ginocchio era tutto bruciato, tutto polvere e sangue.

Non so perché non abbia sparato di nuovo. Stanley dice era un proiettile vagante, perché mi ha colpito di striscio. O forse ha visto il velo, sotto l’elmetto.

Mi ricordo solo l’asfalto. Solo quei tre secondi – tre, cinque, non so. Una vita, il naso sull’asfalto. Quei tre secondi in cui ho pensato “Come avete potuto lasciarmi qui? Dove cazzo siete? Dove cazzo siete tutti?”

Per cui adesso sono qui, con il ginocchio fasciato, e mi aggiro zoppicando per Antakya un po’ stonata, mezza triste mezza perplessa. Un po’ vuota. Leggo tutt’altro, leggo un romanzo. Anche perché non è rimasto più nessuno, qui. E di quei pochi che sono rimasti, arriva Lorenzo, poi, ti guarda il ginocchio e dice: “E non c’era neppure niente da raccontare.”

E quindi leggo e trangugio cappuccini all’Ozsut Café, che è il caffè degli stranieri, tutto lucido – uno di quei caffè come è oggi il mondo, che chiedi un biscotto e hanno solo muffin, e ovunque stai, qualunque paese, ti preparano questa finta colazione americana, con tanto di uova strapazzate. Hanno anche lo sciroppo d’acero, tu che credevi lo usasse solo Paperino, anche la torta alla banana, e alle nove del mattino sono già lì che ascoltano Justin Bieber. Ma mi ha scritto una ragazza. Una ragazza che non conosco, tale Martina, avrà vent’anni, studia antropologia alla Sapienza, a Roma. Mi ha scritto perché mi legge, e i lettori a volte sono strani: mi ha inviato l’elenco delle cose che ama fare, a me che neppure la conosco, e non so perché. E questo elenco dice cose tipo: guidare di notte con i finestrini aperti. Di notte. Io ho pensato: ma ti sparano, di notte, sei matta? Ho pensato: quanti anni sono che non guido di notte con i finestrini aperti?

Sono qui all’Ozsut perché amavo i caffè, prima di tutto questo. Forse era la cosa che amavo di più. Chiacchierare con gli amici nei caffè. Soprattutto quelli sul mare, o su un lago, un caffè bellissimo sul lago di Piediluco, una volta, una luce come non l’ho mai più vista, una di quelle che poi tutta la vita continui a cercarla in ogni caffè in cui entri. Anta-kya non ha un lago, però ha un fiume, e l’Ozsut ha tutte queste vetrate sul fiume, sulla gente che cammina.



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