La Rabbia e l'Orgoglio by Oriana Fallaci

La Rabbia e l'Orgoglio by Oriana Fallaci

autore:Oriana Fallaci [Fallaci, Oriana]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Naturalmente la mia patria, la mia Italia, non è l’Italia d’oggi. L’Italia godereccia, furbetta, volgare, degli italiani che (come gli altri europei, intendiamoci) pensano solo ad andare in pensione prima dei cinquant’anni e che si appassionano solo per le vacanze all’estero o le partite di calcio. L’Italia meschina, stupida, vigliacca, delle piccole iene che pur di stringer la mano a un divo o a una diva di Hollywood venderebbero la figlia a un bordello di Beirut ma se i kamikaze di Osama Bin Laden riducono migliaia di newyorkesi a una montagna di cenere che sembra caffè macinato sghignazzano bene-agli-americani-gli-sta-bene. (Anche qui come gli altri europei, intendiamoci, ma il discorso sull’Europa lo faremo dopo). L’Italia opportunista, doppiogiochista, imbelle, dei partiti corrotti e incapaci che non sanno né vincere né perdere però sanno come incollare i grassi posteriori dei loro rappresentanti alla poltroncina di deputato o di sindaco o di ministro. L’Italia ancora mussolinesca dei fascisti neri e rossi che ti inducono ad adottare la tremenda battuta di Ennio Flaiano: «In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti». L’Italia, infine, degli italiani che con lo stesso entusiasmo gridano Viva-il-re e Viva-la-repubblica, Viva-Mussolini e Viva-Stalin, Viva-il-Papa e Viva-chi-càpita. Francia-o-Spagna-purché-se-magna. Quegli italiani che con la stessa disinvoltura passano da un partito all’altro, anzi si fanno eleggere da un partito e una volta onorevoli (onorevoli?) passano al partito avversario. Accettano la poltrona ministeriale del partito avversario. Insomma l’Italia dei voltagabbana. Dio, quanto mi fanno schifo i voltagabbana! Quanto li odio, quanto li disprezzo!

D’accordo, i voltagabbana non sono una specialità dell’Italia. Quel primato appartiene alla Francia dove li chiamano Girouettes, Giravolta, e dove dalla Rivoluzione in poi raggiungono vette insuperate anzi insuperabili. Pensa al loro Exemple-Suprême cioè a colui che Napoleone definiva «une merde dans un bas de soie», una merda dentro una calza di seta. Insomma Charles Maurice de Talleyrand-Périgord ora vescovo di Autun ed ora rivoluzionario scomunicato, ora repubblicano ed ora monarchico, ora bonapartista ed ora antibonapartista, ora sostenitore dei Borboni ed ora degli Orléans, quindi morto ultraottantenne nel suo letto e di nuovo devoto al Papa… Pensa allo stesso Napoleone che da giovane posava a sovversivo e di Marat e Robespierre diceva: «Voilà mes dieux, ecco i miei dèi». Ma dopo tale debutto si promosse imperatore, distribuì i troni d’Europa ai fratelli e alle sorelle e agli amici, ristabilì l’aristocrazia. Pensa a Barras e a Tallien e a Fouché, i Commissari del Terrore, gli artefici dei massacri a Lione e Tolone e Bordeaux, che durante il Direttorio si misero a fornicare con gli aristocratici scampati alla ghigliottina e il primo inventò Bonaparte. Il secondo lo seguì in Egitto, il terzo lo servì fino all’ultimo… Pensa a Jean-Baptiste Bernadotte che grazie a Napoleone divenne re di Svezia e da tale si alleò coi suoi nemici, gli dichiarò guerra, contribuì più di chiunque altro alla sua sconfitta di Lipsia. Pensa a Gioacchino Murat che da quell’augusto protettore e cognato aveva ricevuto in dono il regno di Napoli e che



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