La scrittrice abita qui by Sandra Petrignani

La scrittrice abita qui by Sandra Petrignani

autore:Sandra Petrignani
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza
pubblicato: 2010-12-23T16:00:00+00:00


Quando si accorse di essere incinta, Colette non ne fu feli­ce. Aveva quarant’anni, paura di dare un colpo irreparabi­le alla sua bellezza, soprattutto paura di non essere senti­mentalmente all’altezza dell’impresa. In Stella della sera confessa apertamente la preoccupazione «per la mia possi­bile inettitudine ad amare, comprendere, impegnarmi. L’amore – così credevo – mi aveva già fatto un cattivo ser­vizio monopolizzandomi per vent’anni in sua esclusiva schiavitù». Una ben strana dichiarazione considerando quanto fosse innamorata di Jouvenel padre e quanto fu ancora capace di amare Jouvenel figlio, nonché Maurice Goudeket. Era capace di generosità: durante le due guer­re aveva sempre soccorso chi aveva bisogno di aiuto e si era anche impegnata come infermiera volontaria. Sembra proprio che l’unica persona cui non intendeva dare il suo affetto fosse la figlia. Dopo il parto mise subito la piccola a balia e poi la consegnò alle cure della nonna Mamita e di una dura bambinaia inglese, miss Draper e, in seguito, a un collegio esclusivo in Inghilterra. La vedeva di rado. Solo d’estate la teneva con sé un po’ più a lungo, ed erano rapporti burrascosi. La bambina cresceva ribelle e scon­trosa («quel mostro di figlia che ho»), viziata e profonda­mente trascurata da adulti che avevano cose più impor­tanti da fare. Era una figlia «difficile», ma bella e intelli­gente. Di questo Colette andava fiera, come di un suo prodotto riuscito bene. Ma la trattava con insofferenza, totalmente incapace di comprensione. «Questa bambina», si lamentava con la Patat, «a cui è stato insegnato tutto, che non è mai stata privata di un libro, di un gioco, di un museo... Sono inorridita dai suoi voti, e dai giudizi che li accompagnano. Debolezza di carattere, vanità, puah! Tut­to quello che al mondo più mi ferisce». Arrivava solo ad ammettere: «Che disastro essere figlia di due che sono qualcuno. Avrebbe proprio bisogno, mia figlia, di farsi chiamare Durand». Mai la minima ammissione delle pro­prie responsabilità. Lei che voleva sempre fare mangiare tutti, trovava Bel-Gazou troppo grassa e tentava di met­terla a dieta!

Eppure, a momenti, doveva farle anche sentire l’onda di un affetto quasi animale, possessivo ed esigente. Le sue emozioni verso la figlia avevano una portata di tale vio­lenza che ne aveva paura, e preferiva negarle. Bel-Gazou, per parte sua, non riuscì mai a odiarla, anzi l’ammirava acriticamente. Aveva trasferito i sentimenti negativi su Maurice, che chiamava «il coccodrillo». La diffidenza, del resto, era reciproca e dopo la morte di Colette fra loro scoppiarono liti furiose con conseguenze giudiziarie. Bel-Gazou aveva sempre cercato, goffamente, di meritarsi la stima materna, ma dando per scontato in partenza di non riuscirci. Era omosessuale, però, sapendo che Colette di­sapprovava (incredibile, ma vero), tentò di “normalizzar­si” sposando un uomo che lasciò dopo pochi mesi. In­traprese molti lavori diversi, dal giornalismo alla produ­zione cinematografica, ma in modo inconcludente, forse perché sapeva di doverli alla madre. Era sempre in rosso, sempre in fuga. Della famiglia era il fratello Renaud la persona che sentiva più vicina, anche lui era stato un ragazzo difficile, aveva sofferto molto nell’infanzia.



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