La vita e il processo a Giovanna D'Arco by Mark Twain

La vita e il processo a Giovanna D'Arco by Mark Twain

autore:Mark Twain [Twain, Mark]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Pochi sanno che Mark Twain scrisse un’opera di primaria importanza su Giovanna d’Arco
editore: Macro Edizioni
pubblicato: 2014-05-19T22:00:00+00:00


CAPITOLO XXVII

CI ESIBIMMO IN TUTTA LA NOSTRA MAESTÀ, il giorno seguente, mentre uscivamo sfilando dalle porte di Orleans che ci sovrastavano, a stendardi spiegati e con Giovanna e lo Stato Maggiore all’avanguardia della lunga colonna. I due giovani De Lavals erano giunti, ora, e si erano uniti allo Stato Maggiore. Il che era una buona cosa, essendo la guerra il loro mestiere, ed essendo costoro nipoti di quell’illustre combattente che era stato Bertrand du Guesclin, Conestabile di Francia in tempi remoti. Vennero aggiunti inoltre Louis de Bourbon, il Maresciallo de Rais e il Vidame de Chartres. Di diritto avremmo potuto sentirci un poco a disagio, poiché sapevamo che una forza di cinquemila uomini si era messa in viaggio sotto il comando di Sir John Fastolfe allo scopo di portare rinforzi a Jargeau, ma io credo che, ciononostante, quello non fosse il nostro stato d’animo. In verità, quelle truppe non erano ancora nei paraggi. Sir John stava indugiando; per una ragione o per l’altra, non stava affrettando le cose. Stava invece perdendo del tempo prezioso, quattro giorni a Étampes e altri quattro a Janville.

Raggiungemmo Jargeau e immediatamente ci mettemmo all’opera. Giovanna mandò avanti una massiccia formazione che si scagliò contro le fortificazioni esterne con stile ed eleganza, conquistando una posizione e combattendo duramente per mantenerla; ma di lì a breve, gli uomini furono costretti ad indietreggiare dinanzi ad una sortita del nemico dalla città. Nel vedere quanto stava accadendo, Giovanna levò il suo grido di battaglia e condusse in prima persona un nuovo attacco sotto il furioso fuoco dell’artiglieria. Il Paladino, che stava al suo fianco, venne colpito, ma ella riuscì ad agguantare lo stendardo dalla mano ch’era venuta meno e si tuffò nel mucchio di proiettili che volavano nel cielo, incitando i suoi uomini con grida d’incoraggiamento, e quel che ne seguì per un buon lasso di tempo fu il tumulto provocato da moltitudini di uomini che combattevano tra loro, e un clangor di metallo, e scontri e confusione, e il roco mugghiare delle armi; poi ogni cosa venne celata alla vista da un firmamento di spirali di fumo; un firmamento attraverso il quale, di quando in quando, per un istante faceva mostra di sé qualche offuscato spazio vuoto e, ad intermittenza, rapida e indistinta ci appariva la feroce tragedia che vi si stava consumando al di là; e, durante quegli attimi, ogni volta che si poteva scorgere quella esile figura in bianca cotta di maglia, fulcro e anima della nostra speranza e della nostra fiducia, e ogni volta che noi stessi la scorgevamo, mentre ci dava la schiena e rivolgeva invece il viso alla battaglia, sapevamo che tutto stava andando per il verso giusto. Alla fine si levò un grido immane, uno scroscio di urla gioiose, in effetti, e quel segnale bastò perché capissimo che i faubourgs1 erano nostri.

Sì, nostri; il nemico era stato ricacciato all’interno delle mura. Ci accampammo sul terreno ove Giovanna aveva vinto; stava per scendere la notte.

Giovanna inoltrò un invito agli Inglesi, promettendo che se



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