La vita quotidiana in Inghilterra ai tempi della regina Vittoria by Jacques Chastenet

La vita quotidiana in Inghilterra ai tempi della regina Vittoria by Jacques Chastenet

autore:Jacques Chastenet [Chastenet, Jacques]
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR Rizzoli
pubblicato: 2017-08-14T22:00:00+00:00


Nel 1850 una intraprendente americana, Amelia Bloomer arrivò a Londra per predicarvi la causa dell’emancipazione femminile. Ebbe successo solo il suo abbigliamento: ampio cappello di feltro, giacca di foggia maschile, gonna molto corta e pantaloni a sbuffo chiusi alla caviglia. Fu dato un ballo in costume «alla Bloomer» ma solo qualche barmaid osò portare abitualmente la provocatoria mise. Solo qualche anno dopo apparirà in Inghilterra il femminismo vero e proprio.

Uniti dal cuore o solo dalle apparenze, le coppie britanniche dell’epoca erano di solito molto feconde. Dickens prima di separarsi da sua moglie ebbe dieci figli. Lord Grey, uomo di stato promotore della riforma elettorale del 1832, aveva quindici discendenti, l’arcivescovo anglicano Harcourt sedici, l’influente parlamentare sir Lancelot Shadwell diciassette. Nella borghesia e fra il popolo non era raro che una madre mettesse al mondo venti figli. Molti non vivevano a lungo ma, mentre nelle classi inferiori la mortalità infantile media era del 30 per cento, non superava il 15 per cento nelle classi medie e il 10 nelle classi alte.

I bambini del popolo erano allattati al seno dalla madre, gli altri da una balia. Dopo lo svezzamento i primi crescevano come potevano in attesa di essere, a sei o sette anni, collocati presso un affittuario agricolo, un negoziante, un industriale, un caposquadra in una miniera, qualche volta un pickpocket di professione. I secondi erano affidati a una balia asciutta che si incaricava della loro prima educazione; fra i ricchi, alla nurse si aggiungeva una governante, di solito francese o tedesca, spesso mal pagata.

Nelle case di una qualche importanza, la nursery costituiva un piccolo regno a parte sottoposto alla piena autorità della nurse col suo personale domestico, nel quale i genitori entravano solo raramente. Il principio era che i bambini nascono macchiati dal peccato originale. I loro istinti non sono naturalmente buoni e si doveva dunque innanzitutto correggerli. Erano necessari una stretta disciplina, precetti morali, frequenti preghiere, nessun incoraggiamento né alle chiacchiere né ai giochi rumorosi né alla ghiottoneria. Le «buone maniere» andavano inculcate ben presto. E alla minima infrazione, un buon castigo.

Il cibo nella nursery era insipido e monotono, a base di latticini, farinate e tè leggero. La toilette era sommaria e con acqua fredda. Ci si alzava e si andava a letto molto presto. I giocattoli non erano numerosi e dovevano durare a lungo. L’abbigliamento era scomodo: per le bambine era sul modello, ridotto, di quello delle madri, con dei mutandoni che spuntavano dalla gonna, per i ragazzi prevedeva colletto basso, ampia cravatta, giacca a vita, pantaloni a mezza lunghezza, berretto di cuoio a visiera ornato da una nappa in cima.

Un assioma era che i «bambini li si poteva vedere ma non ascoltare». Era ritenuto disdicevole che uno di loro parlasse a un adulto senza essere stato interrogato. Gli adulti evitavano perciò di restare a lungo in loro compagnia. Due volte al giorno la nurse li portava, lavati, agghindati e ben pettinati dai genitori; un breve bacio, qualche volta dei rimproveri e poi di nuovo nella nursery. Certamente c’erano



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