Lacrime di sale by Pietro Bartolo & Lidia Tilotta

Lacrime di sale by Pietro Bartolo & Lidia Tilotta

autore:Pietro Bartolo & Lidia Tilotta [Bartolo, Pietro - Tilotta, Lidia]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Saggistica umanistica
ISBN: 9788852076039
editore: Mondadori
pubblicato: 2016-09-26T16:00:00+00:00


La generosità delle onde

Mia mamma era lampedusana ma, con la sua famiglia, poverissima, aveva vissuto per un lungo periodo in Tunisia, a Susa. Quando tornarono a Lampedusa aveva diciassette anni. Fu allora che mio padre la conobbe e se ne innamorò. Anche la sua era una famiglia povera, tuttavia mio padre era un uomo che non si arrendeva mai e aveva voglia di migliorare la sua condizione. Per questo decise di azzardare, di rischiare quel poco che aveva guadagnato e messo da parte facendo il pescatore sulle barche altrui per far costruire il Kennedy.

Come socio prese zio Chilinu, Nicola, fratello di mia madre. Era nato a Susa ma dopo il ritorno sull’isola non vi aveva più messo piede. Lo zio era una persona straordinaria, sorrideva sempre e non capivi mai se scherzava o parlava seriamente. Era diventato un bravo pescatore e, quando non si imbarcava sul Kennedy, andava a pesca a traina con la palamita, la lunga lenza con tanti ami. Aveva una piccola barchetta che si chiamava Pietro, come me.

Un giorno io e mio padre tornammo a casa e trovammo la mamma in lacrime. Zio Chilinu era andato a pescare con la sua barca e non era rientrato. Uscimmo subito per andare a cercarlo e con noi vennero tutti i pescatori di Lampedusa. C’è una cosa che forse non è comprensibile se non si è nati su un’isola lontana da ogni terra come noi: lasciare qualcuno, chiunque esso sia, in balia delle onde non è ammesso, non è nemmeno pensabile. È la legge del mare e nessuno può violarla. Ed è tanto forte che quando la legislazione italiana proibì di prendere a bordo i migranti, i pescatori si rifiutarono di obbedire e per questo finirono più volte sotto processo. Lo zio Chilinu andammo dunque a cercarlo tutti insieme. Dividemmo lo specchio d’acqua in zone e ci spingemmo oltre le venticinque miglia. Niente. Fu una ricerca vana. Intervennero i mezzi della Marina, gli elicotteri. Nulla. Non lo trovavamo. Si facevano le ipotesi più assurde: che la barca fosse affondata o che fosse stata sequestrata. Dalla guardia costiera partì un dispaccio a tutte le capitanerie del Mediterraneo. Intanto a casa nostra le speranze di ritrovarlo, vivo o morto, erano svanite.

Dopo quindici giorni il telefono della capitaneria squillò. Era la guardia marina di Susa che aveva trovato dentro il porto una piccola barca con un cadavere a bordo. Io, mio padre e altri marinai ci imbarcammo sul Kennedy e partimmo alla volta di Susa. Arrivati in porto andammo a vedere la barca: era proprio la sua. Lo zio Chilinu era stato portato in una sorta di camera mortuaria. Sul suo viso mi parve avesse un sorriso quasi beffardo.

Il giorno dopo caricammo il suo corpo sul Kennedy e lo riportammo a Lampedusa. Era nato a Susa ed era andato a morire a Susa. Ci spiegarono che, mentre stava pescando, doveva aver avuto un infarto. La barca, col motore acceso, aveva continuato a navigare fino a che, forse per uno scherzo del destino, era arrivata fino in Tunisia, quasi volesse riconsegnare il suo passeggero alla sua terra.



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