L'antipatico. Bettino Craxi e la grande coalizione by Claudio Martelli

L'antipatico. Bettino Craxi e la grande coalizione by Claudio Martelli

autore:Claudio Martelli [Martelli, Claudio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2020-01-15T16:00:00+00:00


Amici e nemici

Per trovare motivi meno incerti e sdrucciolevoli dell’antipatia e degli sbalzi nel gradimento popolare è necessario frugare in qualche categoria del politico. Penso alla distinzione più nota e, per Carl Schmitt, costitutiva della politica stessa, quella tra amico e nemico. Questa distinzione non mette in gioco passioni pallide e mutevoli come la simpatia e l’antipatia. Di amicizie e inimicizie si parla molto anche in politica, ma non sono quelle tipiche delle relazioni personali. Per comprendere la differenza dobbiamo ricorrere a lingue – come il latino – che possiedono parole diverse per definire il nemico privato, inimicus, e il nemico pubblico, hostis. Dobbiamo anche chiarire che non parliamo di contese politiche ordinarie, ma di qualcosa che solo la politica sovrana può afferrare e decidere, qualcosa di estremo come il ricorso alla lotta armata. Poiché “il concetto di lotta armata sta nel fatto che essa è uno strumento di uccisione fisica di uomini. Decidere un intervento armato comporta la possibilità di richiedere a degli uomini il sacrificio della propria vita e di autorizzarli a uccidere altri uomini”, come scrive Schmitt ne Le categorie del “politico”.

In questo risiede realmente la politica, nel raggruppare gli uomini distinguendoli in amici o nemici. Nell’idea del nemico – sia che si tratti di stati sia che si tratti di partiti dentro uno stato – rientra, extrema ratio, l’eventualità di una lotta armata, una lotta che prevede l’uccisione fisica di altri uomini.

Ciò non significa che la politica finisca sempre in una guerra tra stati o in una guerra civile. Al contrario, lo scopo della politica è di sostituire alla guerra combattuta con la potenza di armi cruente la potenza della parola, delle armi diplomatiche e delle arti dialettiche.

Nella lingua greca, in cui per la prima volta questi concetti sono stati forgiati, la parola “politica”, politeia, ha la stessa radice, lo stesso etimo, di polemos, cioè “guerra”.

I filosofi politici discutono ancora se all’origine ci sia stata la politica o la guerra. Per me non c’è dubbio che all’origine ci sia la guerra e che nella storia guerra e politica si alternino e s’intreccino. Proprio per questo, per il rischio immanente che i conflitti umani degenerino in conflitti armati, la politica intesa come arte deve essere capace di fare e perseguire sempre la pace: la guerra deve comparire solo se inevitabile. E ciò spiega anche perché il discorso politico sia prevalentemente un discorso polemico. Perché viene da lì, dal polemos, e ne mantiene l’aggressivo impulso originario. La politica, che nelle società e nei moderni stati democratici è associazione di donne e uomini liberi, ha trovato come incanalare e sublimare i suoi animal spirits. Nelle libere democrazie uomini e donne raggruppati in partiti e movimenti sono sempre in lotta, ma senza armi cruente. Le forme assunte da questa lotta attenuata, codificata e sublimata – la legislazione e l’amministrazione, il governo e l’opposizione – inclinano sempre più spesso al compromesso, alla mediazione, alla diplomazia, e hanno dato vita a un pensiero autonomo, che argina i conflitti e li circoscrive, educando alla convivenza e civilizzando le genti.



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