Lapidarium by Ryszard Kapuscinski

Lapidarium by Ryszard Kapuscinski

autore:Ryszard Kapuscinski [Kapuscinski, Ryszard]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2016-02-22T23:00:00+00:00


Note.

Nota 1. In inglese nel testo. [N. d. T.].

5.

Più anni hai, meno la gente è disposta a perdonarti. Il più fortunato è il bambino: a lui si concede tutto. Anche la gioventù gode di vaste zone franche. La gioventù rappresenta un valore in sé, resta sinonimo di fascino, di freschezza, di energia. La maturità: il mondo sta ad aspettare, ti concede ancora qualche occasione. Ma se al sopraggiungere della vecchiaia non sei ancora diventato qualcuno, se non rappresenti un valore universalmente riconoscibile, gli altri cominciano a trattarti senza rispetto, a scansarti. Sei continuamente costretto a scusarti di esistere, di esserci ancora.

Tra i somali, tra i dinka del Sudan, tra i tuareg del Sahara, gli anni, l'età, la vecchiaia conferiscono posizione, preminenza, autorità, prestigio. Appena compare un anziano, tutti assumono un atteggiamento di rispetto e considerazione. In queste società tutto è codificato in modo stabile, e stabili e duraturi sono soprattutto i valori. La gente crede in ciò in cui credevano i suoi antenati, poiché lì stanno le sue radici, il suo senso della comunità, il marchio di appartenenza a una tribù (il che da quelle parti significa appartenenza al genere umano).

Nelle società frustrate e snervate, invece, il discorso cambia completamente. Qui il vecchio è visto come un disonore, come un impedimento, come un'anticaglia. Anzi, peggio ancora, come il responsabile di tutto il male esistente, la causa di ogni insuccesso e sconfitta: insomma, qualcuno che merita la nostra antipatia, il nostro disprezzo, addirittura il nostro odio.

Appartenere alla stessa generazione significa qualcosa di più che una comunanza biologica, un'identità cronologica. Significa anche possedere una medesima sensibilità, un tipo di immaginazione molto simile. Per questo il contatto fra persone di generazioni diverse e lontane nel tempo esige una rinuncia a se stessi, una metamorfosi naturale, un adattamento a qualcuno che, per motivi di età, di sensibilità e anche di scopi di vita, appare diverso e spesso estraneo.... (Un mondo senza autorità.) Un episodio mi ha riempito di tristezza o, per meglio dire, mi ha lasciato addirittura esterrefatto. Siamo nel 1986. New York, conferenza del PEN-Club. In onore di noi scrittori, partecipanti alla conferenza il sindaco offre un ricevimento nella sede dell'organizzazione. Si tratta di una palazzina antica, uno dei pochi edifici settecenteschi della città. All'interno, scarsità di spazio, pigia pigia, mancanza d'aria, chiasso assordante di voci surriscaldate dall'alcol. Viene servito vino bianco, solo vino bianco, con abbondanza di bottiglie a disposizione in tutte le sale. Nella folla intravedo fugacemente i visi arrossati di Mailer, di Vonnegut, di Gaddis, il volto cupo, sovrastante le altre teste, di Danilo Kish (non sapevo che in quel momento fosse già mortalmente malato), la faccia senza sorriso di Günter Grass, il viso concentrato, come di chi ascolta un bisbiglio, di Doctorow. Improvvisamente inciampo, o meglio vengo spinto contro una figura minuta, rannicchiata in atteggiamento difensivo, seduta in un angolo tra due pareti. E' un vecchietto che allunga le mani davanti a sé come per proteggersi. Mi fermo e lo afferro impedendogli di ruzzolare sul pavimento. E' Claude Simon, il grande scrittore francese, premio Nobel.



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