Le fondazioni by Gian Paolo Barbetta

Le fondazioni by Gian Paolo Barbetta

autore:Gian Paolo Barbetta [Barbetta, Gian Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Economia, Farsi un'idea
editore: il Mulino
pubblicato: 2013-02-14T23:00:00+00:00


Le fondazioni universitarie

Un caso analogo a quello appena descritto è rappresentato dalle fondazioni universitarie, introdotte solo di recente dalla normativa del nostro paese e in realtà, per quello che ci consta, mai finora utilizzate.

In passato, la l. 388/2000 e il d.p.r. 254/2001 avevano previsto la possibilità per le università pubbliche di creare fondazioni di diritto privato a supporto della loro attività, ad esempio per svolgere ricerche a favore di committenti privati o per istituire partnership con soggetti terzi per la conduzione di attività comuni. Tuttavia, è solo con la l. 133/2008 che alle università pubbliche è consentito trasformarsi in fondazioni di diritto privato, portando con ciò alla completa scomparsa dell’ente pubblico.

La legge prevede che la delibera di trasformazione sia adottata dal senato accademico a maggioranza assoluta e che, contestualmente a essa, vengano adottati anche lo statuto della fondazione e i regolamenti di amministrazione e di contabilità. Tutti questi atti devono poi essere approvati con decreto del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze. Lo statuto può prevedere l’ingresso nella fondazione universitaria di nuovi soggetti, pubblici o privati, facendo con ciò assumere all’ente il carattere di fondazione di partecipazione. Con l’approvazione dei decreti, le fondazioni acquistano autonomia gestionale, organizzativa e contabile; la loro gestione economico-finanziaria deve assicurare l’equilibrio di bilancio anche grazie ai finanziamenti pubblici che vengono comunque garantiti.

Anche in questo caso, così come in quello degli enti lirici, sono due le ragioni fondamentali che hanno motivato il legislatore a introdurre questa nuova previsione normativa: in primo luogo, l’esigenza di attrarre risorse private da investire nella formazione universitaria, così da integrare quelle pubbliche in diminuzione; in secondo luogo, la volontà di consentire una gestione più flessibile − secondo regole privatistiche − delle risorse umane (almeno di quelle amministrative, se non del personale docente) e della contrattualistica, così da ridurre i costi di gestione delle strutture.

Analogamente al caso delle fondazioni lirico-sinfoniche, la trasformazione si rivela più teorica che reale, sia perché nessuna università l’ha effettivamente avviata, sia perché il cambiamento potenziale appare assai modesto, tale addirittura da configurare una potenziale minore autonomia per le università trasformate rispetto a quelle che decidessero di conservare lo status di ente pubblico. Infatti, nonostante la sua natura privata, la fondazione universitaria, analogamente al vecchio ente pubblico, sarebbe soggetta alla vigilanza ministeriale (con l’aggiunta del ministero dell’Economia e delle Finanze), sottoposta al controllo da parte della Corte dei conti, passibile di commissariamento ministeriale, con i rapporti con il personale docente ancora regolati dal diritto pubblico e con finanziamento prevalente (se non esclusivo) proveniente da fondi ministeriali.

È legittimo chiedersi, a fronte dei vincoli che abbiamo evidenziato, se una trasformazione tanto parziale e poco coraggiosa non rischi di rivelarsi − come nel caso degli enti lirici − un buco nell’acqua proprio perché concepita con spirito minimalista (consentire di raccogliere risorse private a fronte delle difficoltà della finanza pubblica) e senza comprendere fino in fondo le specificità (nelle motivazioni dei fondatori, nella forma di governo, nel radicamento entro la società civile, nella



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