L'eredità di Orquídea Divina by Zoraida Cordova

L'eredità di Orquídea Divina by Zoraida Cordova

autore:Zoraida Cordova [Cordova, Zoraida]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2024-02-28T12:00:00+00:00


15

IL RE DEL MONDO

La prima bugia che Rey raccontò a se stesso di ritorno a New York fu che lo stava facendo solo per non tradire la sua promessa a Orquídea. Mica si può mentire ai morti. Anche se Marimar insisteva sul fatto che Orquídea non fosse proprio morta, morta. Comunque, se n’era pur sempre andata e loro erano pur sempre fottuti.

Il primo giorno di lezione, la gente non gli tolse gli occhi di dosso. Per una volta, era bello non dover indossare un blazer sobrio o colori che avrebbero potuto mimetizzarsi con le tinte neutre di una parete di montagna. Era inverno e lui aveva optato per dei maglioni in cachemire verde smeraldo o rosso vivo, tipo melagrana tagliata a metà. Non voleva diventare uno di quei newyorchesi vestiti sempre di nero, principalmente perché non era newyorchese. Lui era di Quattrofiumi, discendente da donne capaci di trasmutare. Dallo stato mortale a quello divino.

Rey aveva detto a Marimar di non reggere i suoi insegnanti. Tutti si davano un’aria annoiata. Si aggiravano per il laboratorio valutando i suoi progressi. Troppo lento. Troppo impreciso. E quello dovrebbe essere modernismo? Lui non afferrava i termini né le etichette. Era il più vecchio in tutti i suoi corsi, gremiti di matricole trasandate che puzzavano di marijuana e ascelle non lavate da tre giorni. Una volta, mentre mangiava una pizza su una passerella in vetro che collegava un complesso dell’Hunter College all’altro, una sua compagna andò a sederglisi accanto. Aveva i capelli biondi sulle punte e scuri alla radice per l’unto in eccesso.

«Posso toccarlo?» gli chiese.

Rey quasi si strozzò con la fetta. «Prego?»

«Il fiore.» Lo guardò come se fosse scontato. «È vero?»

«Sì, è vero, e no, non puoi.»

La ragazza alzò gli occhi al cielo e scattò in piedi come una mocciosa a cui avessero negato un capriccio. Quando lui fece per dare un altro morso, gli afferrò il polso. Tirò un petalo. Rey ripensò alla volta in cui sua madre l’aveva trascinato per l’orecchio fuori da scuola dopo una zuffa. Solo che adesso faceva cento volte più male. Nessuno gli aveva mai strappato niente con tanta brutalità.

Quando si mise a urlare e la gente iniziò a voltarsi, lei mollò la presa. Rey rimase steso per terra una buona mezz’ora prima che qualcuno andasse a dargli un’occhiata, e poi un’altra mezz’ora prima che un addetto alla sicurezza lo informasse che stava sanguinando sul pavimento.

Non era nemmeno riuscito a finire la pizza.

Pertanto, Rey detestava frequentare i corsi d’arte all’Hunter College. Non vide mai più quella tizia a lezione, in compenso fantasticò su cosa dirle qualora fosse accaduto. Non poteva certo picchiare una ragazza, malgrado lei l’avesse aggredito. Non poteva chiamare la polizia né motivare l’esistenza della sua rosa.

Era in quei momenti che sentiva riecheggiare la voce di Orquídea. “Proteggete la vostra magia.”

Che sua nonna avesse avuto in mente una studentessa d’arte puzzona mentre pronunciava quelle sue ultime parole?

Da allora, Rey divenne più accorto. Si accontentò di quegli abominevoli maglioni a maniche lunghe con i buchi sul polsino.



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