L'estate del '78 by Roberto Alajmo

L'estate del '78 by Roberto Alajmo

autore:Roberto Alajmo
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio Editore
pubblicato: 2018-08-23T16:00:00+00:00


Da piccoli, nei pomeriggi d’estate, Elena cerca di farci dormire. La stagione esonera nonno Roberto dall’accompagnarci in giro, e poi fa troppo caldo. O almeno così sostengono i grandi, che non parlano d’altro.

– Che caldo, caldo umido, afa, cappa, scirocco, non si respira.

Più ne parlano più caldo sentono. In tutta sincerità, io questo caldo non lo avverto. Posso dire che ho cominciato a sentire caldo solo con la maggiore età. Prima dei diciotto, le ore più afose del giorno non sono mai tanto irrespirabili da non azzardare una corsa in bicicletta o una partitella di pallone sotto il sole. Assurdo, a pensarci. Ma forse l’infanzia è atermica, senza grandi freddi e senza grandi caldi, perché altrimenti, col senno di poi, lo scatenamento del primo pomeriggio d’estate è inspiegabile. O forse può essere riconducibile alla smania vitalistica che da bambini prende ogni volta che ci chiedono di rinunciare a qualcosa, giocattolo o divertimento che sia. Il sonno, specialmente, è un nemico perché sottrae tempo alla vita. Cose mirabolanti possono succedere nel mondo mentre dormiamo, di notte ma soprattutto nel pomeriggio, quando il sonno appare contronatura rispetto alla luce che impera fuori di casa. Venir messi forzatamente a letto, essere esclusi da un piccolo frammento dell’esistenza ci fa patire in maniera esagerata, specie se si pensa che a quell’età non esiste cognizione di un tempo limite. Da piccoli viviamo come se fossimo immortali e, allo stesso tempo, abbiamo le smanie di chi immagina di avere i giorni contati.

Nel pomeriggio più tardo, piuttosto, quando il sole comincia a scendere, Vittorio ci porta spesso alle falde di Monte Gallo, poco sotto l’altura dove poi sorgerà la lottizzazione di Pizzo Sella, che trasformerà tutta questa zona, per paradosso, nel luogo più bello di Palermo: l’unico da cui Pizzo Sella non entri nel panorama. Da casa nostra saranno cinque minuti. Non è un’escursione lunga, ma certe volte ci andiamo in tre sulla vespa, contro ogni codice della strada. Questo rende il tutto un po’ avventuroso, anche perché, quando si arriva, tutto intorno è campagna. Lì l’edilizia di Mondello con le sue villette arriverà molti anni dopo. C’è molto silenzio e una bella vista, con Monte Pellegrino che osservato da lì somiglia a un cane accovacciato, con le orecchie da bracco, le zampe, la coda e tutto. Una volta comunico questa somiglianza a Vittorio, che sembra entusiasta della scoperta, la condivide. La cosa mi riempie d’orgoglio, e negli anni a venire troverò modo di confidarlo ad Arturo:

– Guarda: somiglia a un cane addormentato...

– Eh.

Tutto qui. Escluderei che a sua volta lo racconterà a suo figlio e che quindi le future discendenze di Alajmo se lo tramanderanno nei secoli a venire. Ma insomma, per me la cosa possiede una certa rilevanza affettiva. Ancora oggi ci penso, quando mi trovo in una angolazione simile rispetto a Monte Pellegrino.

Stavolta ci siamo andati in formazione completa, con l’automobile: Vittorio, Elena, Marcello ed io. È l’agosto del ’68. Ci portiamo dietro la Rolleiflex di Vittorio e a scattare la maggior parte delle foto sono io.



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