L'eterna crisi delle scienze umanistiche by Hans Ulrich Gumbrecht
autore:Hans Ulrich Gumbrecht [Gumbrecht, Hans Ulrich]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rogas
pubblicato: 2020-11-14T23:00:00+00:00
Signore e signori, cari magnifici rettori, se âcari magnifici rettoriâ non è un ossimoro, suppongo dal modo in cui mi guardate che tutto questo non vi stia annoiando a morte. Poiché vi vedo fare cordiali cenni di assenso, mi sento incoraggiato e continuo a parlare.
Una nuova struttura politica sta diventando il campo operativo delle scienze umanistiche. Questo non è stato percepito in maniera pro-grammatica o addirittura deciso dalle scienze umanistiche ma, come le âsoluzioniâ ai pro-blemi epistemologici descritte in precedenza, si è venuto a creare allʼinsaputa degli attori storici, per così dire, sulla base del successo o del fallimento delle rivoluzioni borghesi della fine del XVIII e dellʼinizio del XIX se-colo. Si tratta di una contrapposizione tra lʼe-sperienza quotidiana nella società da un lato e, come elemento innovativo, unʼidea norma-tiva di ciò che la società dovrebbe essere, dallʼaltro. Un tale orizzonte della vita quoti-diana non era mai esistito fino alle rivoluzio-ni cittadine. Il concetto di cittadino, di ci-toyen, di citizen è un concetto normativo che contiene una promessa. Allʼinizio del XIX secolo, questa promessa diede origine a una tensione che attribuì alle prime scienze uma-nistiche una propria collocazione. Le scienze umanistiche contribuirono a modificare e a ridurre questa tensione. Tuttavia, fin dallʼini-zio del XIX secolo, le scienze umanistiche hanno contribuito anche a illustrare lʼoriz-zonte normativo della società in paesi come la Germania, dove la rivoluzione cittadina era fallita, ricorrendo a un passato glorioso. Ecco perché studiosi come i fratelli Grimm, in quanto medievalisti, si sono impegnati a dimostrare come sia esistita una Germania a cui il presente potesse fare riferimento come modello normativo.
Con queste premesse, si può dire che il XIX fu il secolo felice delle scienze umanistiche, in cui, come disse una volta il grande teorico letterario Wolfgang Iser, queste ultime divenÂnero la teologia di unʼepoca in cui la cultura e la letteratura tendevano ad assumere il ruolo di religione. Vorrei cogliere lʼoccasione per ricordarvi che dopo la fondazione del Secondo Reich tedesco nel 1871, il grande filologo classico Wilamowitz-Moellendorff, insieme allʼimperatore Guglielmo I, pare abÂbia tenuto più volte il discorso di Capodanno alla nazione tedesca. Cosa impensabile, viste le attuali condizioni, in Germania come in qualsiasi altra nazione europea o non euroÂpea. Sulla base di tali motivazioni sostengo che il XIX secolo sia stato il grande e felice secolo delle scienze umanistiche. Questa siÂtuazione è entrata in crisi verso la fine del XIX secolo per due motivi. Uno è la con-correnza con le scienze naturali, che ebbero improvvisamente molto successo e che fino a quel momento avevano collaborato in modo piuttosto istituzionale con le scienze umani-stiche. Improvvisamente, le scienze umanisti-che volevano sottrarsi alla pressione generata dalla concorrenza delle scienze naturali. Di conseguenza, le scienze umanistiche, così co-me sono costituite, soffrono sin dallʼinizio di un complesso di perdita della realtà , e devo-no, perciò, costantemente motivare la loro vi-cinanza con essa.
La seconda ragione della crisi è che lʼoriz-zonte normativo delle società , che le scienze umanistiche avevano contribuito a coltivare e illustrare, è divenuto oggetto di scetticismo alla fine del XIX secolo; si pensi, ad esem-pio, ad autori come Nietzsche.
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