Liberi sotto un grande cielo by Emma Slade

Liberi sotto un grande cielo by Emma Slade

autore:Emma Slade [Slade, Emma]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Vallardi
pubblicato: 2019-06-02T22:00:00+00:00


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L’importanza della gentilezza

Il primo principio dello yoga è ‘ahimsa’. Questa parola in sanscrito, resa famosa da Gandhi, significa non violenza, compassione o, semplicemente, gentilezza. Questa parola ha una lunga storia nei testi di yoga, in particolare nei sutra yoga di Patañjali, che Dave aveva cominciato a sussurrarmi sul mare, in Australia, tanti anni prima.

Ricordati di ahimsa. Prima di ogni azione, posizione, meditazione, prima di tutto. Per me questa continua a essere la guida più potente quando si tratta delle azioni quotidiane. Cerco di prenderlo sempre come mio punto di partenza.

È facile dirlo mentre si espira lentamente. Ah-himsa. Riduce la probabilità che io faccia del male agli altri e poi provi il dolore del rimpianto. Mi risparmia dal ripulire un sacco di casino che altrimenti combinerei facilmente. Nei testi buddhisti questo collegamento è stato spiegato chiaramente. Praticare la gentilezza era visto come qualcosa che calma la mente in sé e per sé, e non praticarla lascia la mente nervosa e a disagio. Non avevo capito che ahimsa non era solo relativa alla morale, ma di profondo beneficio per il praticante, poiché mantiene la mente calma e imperturbata. In questo senso sembrava chiaramente legata alla meditazione. Era interessante perché probabilmente avevo pensato che l’unico modo per calmare la mente fosse quello di sedersi in silenzio e meditare.

Però non fu facile ricordarlo nei primi tre anni di vita di Oscar. Ci sono stati molti momenti in cui ahimsa mi è sembrata un percorso impossibile. A salvarmi fu la corda dell’amore che portavo legata in vita, che mi trascinò su, oltre la sfida posta da circostanze impreviste per le quali mi sentivo tristemente impreparata. Il percorso yoga dell’amore era profondo, ma non mi impediva di piangere o di incazzarmi quando la ruota della carrozzina passava su una cacca di cane e la mancanza di sonno rendeva impossibile aprire i cassetti con la chiusura a prova di bambino. Nel corso dei mesi Oscar si rivelava sempre di più. Gli estranei lo descrivevano spesso come ‘un peperino’, ‘molto vivace’, e tenevano le borse un po’ più vicine come se lui avesse potuto strapparle dal loro braccio e dargliele sulla testa. Aveva sempre qualcosa in mano con cui gingillarsi.

Non ci pensavo troppo. Era un bimbo e io avevo capito che crescere un figlio era un lavoro parecchio complicato. Suppongo che le differenze siano diventate più evidenti con la scuola materna, dove è facile confrontare il proprio figlio con gli altri della stessa età. Dopo alcuni mesi divenne chiaro che gli insegnanti lo trovavano difficile da gestire, e quando compì quattro anni fu chiamato un consulente educativo speciale per dare una valutazione. Sembrava che Oscar avesse difficoltà a gestire fisicamente se stesso. Avevo una vaga idea di cosa fosse l’autismo e fui grata per il coinvolgimento di Jan, il consulente educativo della scuola. Ora dovevamo osservare gli sviluppi.

A parte questi momenti di ansia, stavo approfondendo il mio interesse per la meditazione e lo yoga. Questo in parte perché la gestione di Oscar si stava dimostrando difficile e parole



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