L'Immortale by Catherynne M. Valente

L'Immortale by Catherynne M. Valente

autore:Catherynne M. Valente [Valente, Catherynne M.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2023-05-29T14:38:51+00:00


15

Dominio

Marja Morevna era china sulla scrivania, i capelli raccolti in una treccia intorno alla testa, l’uniforme da maresciallo incrostata di fango.

La guerra va male.

La guerra va sempre male.

Si passò una mano sugli occhi. Era un anno e più che aveva bisogno di occhiali. «Guarda», dicevano quegli occhiali dalla sua scrivania. «Guarda quanto sei diversa dagli altri. Tu invecchi e i tuoi occhi si consumano. Nel caso in cui ti possa mai confondere sulla tua appartenenza». Marja immaginò che era per questo che nessuno chiedeva notizie delle ragazze rapite delle fiabe. Sono degli esseri così imbarazzanti. Diventano impazienti, si arruolano nell’esercito, hanno bisogno di occhiali. Chi le vuole?

Marja batté sul suo telegrafo d’argento. I telefoni non andavano d’accordo con i suoi connazionali. Non sapeva perché e nemmeno loro, ma i loro nasi sanguinavano quando cercavano di parlare nei ricevitori. Anche le loro orecchie, ma non così tanto. Tap-tap-tic-tap. È finita. Non è rimasto nessuno. Sto venendo a casa.

All’improvviso percepì la presenza di un uomo nella sua tenda, come un chiavistello che si serra. Il suo calore le colpì la schiena, dorato, innocente. Odorava di sigarette, pane caldo e pelle maschile. Col passare del tempo era diventata brava ad annusare: ormai, aveva l’olfatto di un lupo. Marja Morevna non si voltò a guardarlo, ma lo conosceva, e quanto sembrava grande nella tenda, grande come il sole. Non ora, oh, non ora. Per poco non vomitò: e fu così che capì fino a dove si era spinta. Una volta, la magia la faceva sentire accaldata e nauseata allo stesso tempo. Ora accadeva con gli umani, che le facevano torcere lo stomaco finché non desiderava strapparselo via e farla finita con tutto il suo corpo.

«Suppongo», disse, con la gola gonfia, «che il tuo nome sia Ivan Nikolaevič». Voleva accusarlo, farlo arrestare e condannarlo con l’imputazione di essere Ivan, vederlo impiccato. Quante volte Koščej e Jaga le avevano detto che quel giorno sarebbe arrivato, l’avevano messa in guardia come per un’epidemia di colera nel villaggio vicino, ne avevano esaltato l’inevitabilità. Quanto ne aveva riso ogni volta.

«Sì». E sentì la sua voce per la prima volta, morbida e profonda come il fango estivo. Sentiva come sente un lupo.

«E naturalmente, sei il più giovane di tre figli».

«Sì... È così».

«E tu sei quello onesto? I tuoi fratelli maggiori sono malvagi e falsi, e il tuo povero padre non ha mai capito la differenza?». Marja percepì l’amarezza della propria voce – come un tè tannico fermentato da tutto ciò che è ingiusto – storcendo la bocca.

«I miei fratelli sono morti. In Ucraina, nella carestia. Non saprei dire se sarebbero diventati malvagi o falsi».

Marja si fermò, la mano che fluttuava su una mappa del confine nodoso e tortuoso tra Bujan e la città siberiana di Irkutsk.

«Potrei chiamare i miei uomini. Potrei farti uccidere. Per nessun motivo se non che ti chiami Ivan e che sono io a volerlo. Dovrei ucciderti io stessa. Un proiettile non è poi così male».

La sua voce le rotolò di nuovo addosso, ricca e viva, russa e familiare.



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