L'ombra della montagna by Gregory David Roberts

L'ombra della montagna by Gregory David Roberts

autore:Gregory David Roberts [Roberts, Gregory David]
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
pubblicato: 2017-05-29T16:00:00+00:00


40.

Gli sbirri mi trascinarono e mi spintonarono fuori dalla casa. I gangster degli Scorpions sghignazzavano e mi prendevano in giro dalle scale. Danda mi diede un calcio e sbatte la porta alle mie spalle.

Otto mani e qualche stivale mi schiacciarono faccia a terra nel retro di una jeep. Guidarono a tutta velocità fino alla stazione di polizia di Colaba, mi scaraventarono giù dalla jeep, mi pestarono con gli stivali e mi trascinarono nel cortile di pietra.

Superarono la fila di uffici dove si tenevano gli interrogatori normali e mi trascinarono verso il baraccamento, riservato agli interrogatori speciali.

Mi divincolai e resistetti. Riuscii persino a piazzare un paio di colpi decenti. Gli sbirri non gradirono. Mi presero a sberle e mi spinsero in una delle celle grandi e buie.

Alfinterno c’erano quattro uomini impauriti, e io ero uno di loro. Gli altri tre erano accovacciati e incatenati insieme nell’angolo più lontano. Avevano la faccia sporca e le camicie stracciate. Sembrava che fossero lì da qualche tempo.

Gli sbirri m’incatenarono con delle manette al cancello d’ingresso, costringendomi a stare piegato sulle ginocchia.

Bang. Un calcio sferrato dal nulla. Salve, Lightning. Calcio, pugno, bastone, pugno, calcio, calcio, bastone, calcio, pugno, pugno, bastone.

Avete pestato così anche Karla, razza di vigliacchi, pensai trovando un’immagine su cui concentrarmi. Il vostro karma ve la farà pagare. Il vostro karma ve la farà pagare.

Cessò all’improvviso, come l’ultimo tuono di una tempesta. Sentii l’eco dei boati che si allontanavano.

Quando pensai di essere al sicuro azzardai un’occhiata, e riuscii a vedere Lightning Dilip. Stava fissando i tre uomini ammassati nell’angolo. Ansimava, il volto contorto dal piacere.

Capii. Io ero solo l’antipasto. Il piatto forte erano i tre incatenati nell’angolo.

Capirono anche gli altri prigionieri, e cominciarono a supplicare il sergente. Avevo il tempo di respirare, provare a muovermi e controllare i danni.

Ero stato fortunato. Niente ossa rotte, nessuna frattura, riuscivo a muovere braccia e gambe. Poteva andare peggio. Altre volte era andata peggio.

Quando Dilip andò a lavorarsi i tre uomini incatenati due sbirri mi tolsero dal cancello e mi trascinarono nell’ufficio del sergente per decidere quanti dei miei soldi dovevano tenersi. Se li presero tutti, naturalmente: per riavere vestiti, coltelli ed effetti personali fui costretto a lasciare tutti i soldi che avevo con me. Buttarono tutta la mia roba in strada, e alla fine scaraventarono giù dai gradini del portico anche me. Avevo indosso solo le mutande.

Mi rialzai. A quell’ora di notte la strada, parallela a un’isola spartitraffico, era deserta. Raccolsi gli abiti a uno a uno, mi rivestii. Per un poco rimasi a fissare la stazione di polizia, come capita a volte a causa dell’ostinazione che nasce dall’ingiustizia.

Sanguinavo, malconcio, in mezzo alla strada fluorescente. Sentivo le urla delle nuove vittime di Lightning Dilip. All’incrocio lampeggiava una luce, un lento battito di cuore che m’inondava d’un bagliore scarlatto. Fissai il punto da dove provenivano le urla.

Un’Ambassador nera si fermò di fianco a me. I finestrini erano abbassati. Riconobbi Farid sul sedile davanti, di fianco a un autista della Company, un certo Shah. Sul sedile posteriore c’erano Faisal, Amir e Andrew DaSilva.



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