L'ultimo abbraccio della montagna by Silke Unterkircher Cristina Marrone

L'ultimo abbraccio della montagna by Silke Unterkircher Cristina Marrone

autore:Silke Unterkircher, Cristina Marrone [Silke Unterkircher, Cristina Marrone]
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR
pubblicato: 2012-07-23T22:00:00+00:00


7

Aspettami, torno subito

«L’incertezza è il vero fascino delle avventure in montagna. Non sai mai che cosa ti aspetta.»

Karl Unterkircher

Io li chiamavo i tre dell’Ave Maria: Karl, Gerold Moroder, esuberante e temerario con i suoi capelli rasta, e Markus Kostner, anche lui guida alpina, calmo e riflessivo come un vero montanaro. I tre dell’Ave Maria progettavano e partivano. Ma spesso partivano e basta. Verso l’avventura senza progettare proprio nulla. «Tre matti» li hanno definiti in tanti, perché spesso scalavano slegati. A distanza anche di anni dalle loro imprese, i loro racconti, fatti a cena davanti al fuoco e con un bicchiere di buon vino in mano, hanno sempre animato la nostra casa, diventata negli anni più recenti il vero quartier generale prima delle spedizioni in Himalaya.

Karl non confidava mai ai gestori dei rifugi che cosa volesse fare di preciso sulla montagna, e i suoi colloqui non andavano mai oltre a dei laconici: «Massì, saliamo, però poi vediamo, non so bene, dipende…». Era molto scaramantico e gli piaceva conservare un velo di mistero sulle vie. Durante una delle loro avventure, in Svizzera, Karl e i suoi due amici progettarono di scalare la Nord dell’Ebenefluh e, dormiglioni come sempre, partirono dal rifugio dopo le sette. Il gestore quasi li inseguì nel vano tentativo di fermarli: «Dove andate, è tardi!». All’arrivo, alla base della parete, c’erano già tre cordate, ormai giunte a metà della salita. Karl, Markus e Gerold si arrampicarono ognuno per conto proprio, senza legarsi. Posso solo immaginare la faccia sbalordita degli altri scalatori, come poi mi riferì Karl, nel vedere quei tre che in appena due ore e mezzo erano saliti di 700 metri, superando tutti quelli che erano già in parete. Gerold, il più scatenato, è sempre stato il più teatrale e fantasioso nel raccontare le scalate condivise con Karl, che talvolta romanzava un po’. Esperto nel montare impianti di risalita, Gerold una volta trascinò anche Karl per un paio di settimane all’Abetone, dove si doveva installare una nuova seggiovia. Karl al ritorno a casa non aveva più dubbi sul suo amico: «Scalare è molto meno pericoloso di montare impianti: mi meraviglio che Gerold sia ancora vivo». Ce ne meravigliavamo tutti in verità, perché era caduto decine di volte dai piloni delle seggiovie. Una volta precipitò anche dalla cima di un albero, rompendosi entrambe le gambe. In ospedale le ricostruirono con placche di metallo e viti, ma questo non ha fatto altro che accrescere la sua fama di temerario.

Una delle prime scalate che Gerold e Karl organizzarono insieme fu quella sulla parete Nord dell’Ortles, in Alto Adige. Quell’avventura è sempre stata uno dei racconti preferiti nelle serate d’inverno, quando con gli amici ci si trovava intorno al tavolo rotondo di casa nostra a piluccare formaggio e speck, innaffiati da un buon rosso. Karl se la rideva sempre ogni volta che Gerold improvvisava il suo spettacolino, un racconto infarcito di enfasi che a poco a poco diventava epico: «Non volevo essere da meno di Karl a camminare, e lui faceva lo stesso con me.



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