Madre, madri by AA.VV

Madre, madri by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


«Figlio della fortuna»

Mentre procede l’indagine sull’omicidio di Laio, un messaggero riferisce a Edipo che suo padre Polibo è morto: sembra dunque vanificata la minaccia dell’oracolo. Ma il vecchio rivela anche che Edipo non è figlio di Polibo: proprio lui lo ha ricevuto in consegna, ancora in fasce e con i piedi feriti, da un pastore di Laio. Il sovrano di Tebe è dunque un trovatello, un «figlio della fortuna», come lui stesso orgogliosamente proclama. Si cerca il pastore per una conferma: invano Giocasta, a cui la verità è ormai chiara, cerca di impedire a Edipo di conoscere le sue origini.

EDIPO C’è uno, lì di voi, di quelli che stanno qui, vicino,

uno che lo conosce, il pastore che questo dice,

uno che lo ha visto, dunque, nei campi, oppure qui?

Dovete segnalarlo, perché è il momento buono, che si

[trovano, queste cose.

CORO Credo che non è un altro, ma quello lì, dai campi,

quello che tu cercavi, prima, di vedere: però è questa,

queste cose, che le può dire meglio, Giocasta.

EDIPO Signora, tu pensi che quello, che poco fa

desideravamo che veniva, e che questo dice…

GIOCASTA Perché? Chi hai detto? Non ci pensare niente, tu.

E le cose pronunciate, non volerle, inutilmente, ricordarle.

EDIPO Questo non può essere, che io, che ho ricevuto

questi segni, così, non la rivelerò, la mia generazione.

GIOCASTA No, nel nome degli dèi, se tu ti curi della tua vita,

non cercartela, questa cosa: sto già abbastanza male, io.

EDIPO Coraggio, su, che nemmeno se io risulterò tre volte

schiavo, da tre mie madri, non risulterai cattiva, tu.

GIOCASTA Ma persuaditi, ti prego, con me: e non fare così.

EDIPO Non posso persuadermi, da non impararle

[chiaramente, queste cose.

GIOCASTA Eppure, è perché io penso bene, che io ti dico le

[cose migliori.

EDIPO Ma queste cose migliori, proprio, però, mi

[tormentano da tanto.

GIOCASTA Sfortunato te, che io ti auguro che non te lo sai

[mai, chi tu sei.

EDIPO Ma me lo porterà qui, qualcuno che è andato, il

[pastore?

E questa qui, lasciate che se la gode, la sua ricca

[generazione.

GIOCASTA Uh, uh, infelice! Perché è poi questo, soltanto,

che ho da dirti, io, e più altro niente, mai, dopo.

CORO Ma perché se ne è andata, Piedone, saltando via

per un suo selvaggio dolore, la tua signora? Ho la paura

che scoppieranno fuori, da questo silenzio, i mali.

EDIPO Ma scoppierà pure, tutto quello che deve: ma io, per

[me,

anche se è piccolo, me lo vorrò vedere, il mio seme.

Questa, forse, siccome pensa grande, da signora,

si vergogna della mia cattiva nascita.

Ma io, che mi stimo, me, come un figlio della fortuna,

di quella che porta bene, io non sarò disonorato.

Da una tale madre, infatti, io sono nato, e, miei congiunti,

mi hanno definito i miei mesi, me, piccolo e grande.

Tale, io sono nato, e non posso risultare, ancora,

mai, un altro, da non impararla, la mia generazione.

(Sofocle, Edipo tiranno, 1047-1085; trad. di E. Sanguineti,

in Teatro antico. Traduzioni e ricordi,

a cura di F. Condello e C. Longhi, Milano, BUR, 2006, pp. 256 sg.)



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