MAOMETTO, il Profeta dell'Islam, e il Suo Tempo by Giovanni Delle Donne

MAOMETTO, il Profeta dell'Islam, e il Suo Tempo by Giovanni Delle Donne

autore:Giovanni Delle Donne [Donne, Giovanni Delle]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biografia
editore: Simonelli Editore
pubblicato: 2012-05-30T16:00:00+00:00


L’ORGANIZZAZIONE DELLA SOCIETA’ MUSULMANA

A Medina Maometto, capo di un partito politico-religioso totalitario, aveva istituito un esercito e una tesoreria. Molto abilmente egli seppe assimilare i gruppi e gli individui più vicini alle sue idee, schiacciò gli altri e mise a tacere l'opposizione interna. Dopo appena cinque anni dall'Egira egli aveva organizzato uno stato teocratico, che riconosceva in Allah il capo supremo e assoluto e in Maometto ibn 'Allah il suo Inviato. Il grande progetto di Maometto era quello di fondare uno stato islamico che comprendesse tutta la penisola araba. Perciò continuò a reclutare sempre più mugahidun (sing. mugahid), “guerrieri” (coloro che mettono in pratica il gihad”), da inviare nel deserto contro le tribù nomadi per sottometterle. A volte egli stesso indossava la corazza e cavalcava alla testa delle sue truppe per diffondere l’Islam con la parola e con la spada, ma anche per impadronirsi di un buon bottino per sé e per i suoi seguaci.

Maometto aveva acquisito ormai un'autorità e un prestigio indiscutibili. Era riuscito, addirittura, a spezzare i vincoli di parentela. Se la famiglia fosse stata messa prima della parola di Dio, l'Islam non sarebbe diventata una potenza. Anche se impegnato nella riforma religiosa, egli era anche un uomo d'azione. Di solito l'uomo pio non è incline all'azione, è incapace di orientarsi nel gioco delle forze politiche, di manovrare gli uomini, dominare le circostanze, promuovere l'azione. Maometto, invece, aveva le doti necessarie per essere insieme un uomo pio e un uomo d’azione. A Medina il predicatore delle verità trascendenti si rivelò anche un abile politico, saggio, affabile, paziente, ma anche despota implacabile, capace di controllare e celare i suoi sentimenti, per farli trapelare solo al momento opportuno. Quando era stato necessario, aveva manifestato anche ottime capacità militari. Con tutto ciò restava un uomo profondamente religioso, convinto che la sua missione consistesse, innanzi tutto, nel far conoscere agli arabi la grandezza di Dio, la sua unicità, la sua legge, certo che la sottomissione ad Allah avrebbe risolto ogni problema, avrebbe reso giusti e leali gli uomini e armoniose le loro relazioni. Per il conseguimento di questi grandi obiettivi il Profeta si accorse, assai presto, che la sola predicazione non era sufficiente, ma che era necessario anche il ricorso alle armi. Alla forza degli empi, che alla Mecca avevano ostacolato la diffusione del messaggio di verità, bisognava opporre, secondo lui, la forza dei credenti. Il ricorso all’azione violenta non era considerato immorale nell'Arabia del suo tempo, quando la guerra e l'assassinio erano la logica prosecuzione della politica.

Come in tutte le società, anche in quella araba c’erano delle regole morali, di cui le più importanti erano il rispetto dell'ospitalità e della parola data. Verso di esse Maometto ebbe un atteggiamento di riguardo e di impazienza; tuttavia, esse furono, nel complesso, rispettate, perché la loro osservanza non intralciava la sua opera.

A Medina la predicazione sulla divinità, sull'uomo, sul mondo e l'appello al rinnovamento erano divenuti più maturi e colti, perché era necessario mobilitare gli uomini, prepararli all'azione, incoraggiare le truppe, giustificare le decisioni



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