Mi chiamo Davide by Maddalena Caprara
autore:Maddalena Caprara [Caprara, Maddalena]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ali Ribelli Edizioni
pubblicato: 2020-04-15T16:00:00+00:00
Capitolo 17
Il pianeta è intenso, brilla di margini definiti.
Il pianeta è intenso, brilla di margini definiti, limpido di luci nuove, di strade consistenti, ora tutto appare realizzabile sembra di muoversi in un labirinto protetto, semplice. Nessuna confusione da quando gli occhiali hanno cacciato lâoscurità , è straordinario recuperare la veridicità dei volti.
«Non pensavo fossi così brutto» dico ad Andrei, sistemando gli occhiali sul naso.
«E io non pensavo fossi così coglione» ribatte, poi colpisce l'orecchio con una schicchera.
«Ahi!» grido, e sorrido.
Andrei ha lineamenti gentili, di quelli ricercati dalle copertine dei giornali di moda, le labbra carnose e lâespressione da scoglionato e sognatore. Non ha un taglio di capelli definito, dice che a seconda di come gli gira si avvale di una lametta da barba per rasarsi completamente e ripulirsi. Ora ha una lunghezza decente, sobria che gli dona unâaria da bello e dannato. Ci tiene, vuole essere avvenente e composto, anche se non possiede nulla materialmente. A suo dire i vestiti alla moda non mascherano la vuotezza dellâanima, la sostanza di una persona non si misura con beni costosi. Filosofo del cazzo.
Desidererei capire per quale motivo non è mai imbronciato o triste, sprizza leggerezza dalle iridi, flessibilità raggiante dai muscoli espressivi. Non rientra negli standard dei giovani incolleriti e annoiati di oggi, bisognerebbe imparare dai suoi occhi.
Don Sandro ci offre maglioni e giubbotti pesanti, rifocilla le fauci, regala una doccia calda. Andrei sistema i capelli davanti lo specchio, movimenti rapidi con le mani, utili a domare i ciuffi ribelli. Posa sulla pelle del collo qualche goccia di profumo, i resti di un campioncino trovato in una rivista per signore in metropolitana.
Sospiro forte, uno sbuffo diretto in faccia, deve intendere la mia indignazione.
«Beh? Che c'è? Oggi le chiederò di uscire.» Si riferisce alla cameriera della Caritas, quella con le tette grosse. Si aggiusta le maniche del maglione, fa l'occhiolino.
Mugugno.
Scanso piselli e carote, proseguo il capriccio legato al cibo, mastico veloce sopra il dolore mandibolare per assolvere il dovere fisiologico ed evitare che la carne formuli pallottole difficilmente ingurgitabili.
«Non rompere» dico ad Andrei, prima che il suo sdegno mi ammonisca.
Boccone tra le guance, me la filo, non ho voglia di rassettare, approfitto del momento in cui il mio amico sparisce nei meandri della cucina.
Freno lâandatura rapida, mi arresto quando in lontananza noto una pattuglia di carabinieri gesticolare animatamente con Don Sandro nei pressi dellâuscita. I toni sono cauti, gentili, probabilmente cercano qualcuno. Il prete sfrega le mani, esamina una foto, sembra in difficoltà , forse temporeggia, poi li invita a seguirlo. Mi infilo in uno stanzone pieno di letti e materassi accartocciati, tento di reprimere il brivido lungo la schiena scaturito dalle voci in avvicinamento. Calpesto il respiro, lo riduco in pezzi piccolissimi, giusto il necessario per ossigenare gli alveoli. I loro passi sono rocce scagliate sul pavimento, tonfi costruiti dalla pesantezza degli stivali. Riprendo fiato, attendo il momento in cui si eclissano in sala da pranzo e sprinto fuori.
La frequenza cardiaca non rallenta, persevera, è un tamburo senza controllo, corro, cammino, poi corro nuovamente senza meta.
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