Michael mio by Amos Oz

Michael mio by Amos Oz

autore:Amos Oz
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
Tags: General, Fiction
ISBN: 9788858814130
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2013-10-16T22:00:00+00:00


25

Per tutta la settimana che seguì il funerale, Michael non si rase. Non credo che lo facesse per rispettare la tradizione religiosa, e neppure in onore di suo padre, dal momento che Yehezkel diceva spesso di essere ateo. Probabilmente pensava che sarebbe stato deprimente tagliarsi la barba in quella settimana di lutto. Quando si è oppressi da un grande dolore, le cose banali ci sembrano degradanti. Michael aveva sempre odiato farsi la barba. Il suo viso ora era ricoperto di peli scuri che gli davano un’espressione truce.

Con la barba lunga, Michael mi sembrava un’altra persona. A volte pareva più forte di quanto fosse in realtà. Il collo gli si era assottigliato. E le rughe ai lati della bocca gli conferivano un’espressione di fredda ironia che gli era estranea. Aveva un aspetto stanco, come se avesse appena terminato un pesante lavoro manuale. In quei giorni di lutto mio marito aveva l’aspetto di uno di quei manovali tutti sporchi che si vedono nei cantieri di via Agrippa.

Rimaneva seduto quasi tutto il giorno nella sua poltrona, con le comode ciabatte e la vestaglia grigia a scacchi. Se gli mettevo il giornale sulle ginocchia, piegava la testa per leggerlo, ma se gli cadevano dei fogli non si prendeva la briga di raccoglierli. Non si riusciva a capire se stesse pensando o se fosse completamente assente. Una volta sola mi chiese di versargli un brandy. Quando glielo portai parve non ricordarsi neppure di avermelo chiesto. Mi guardò con aria sorpresa e non lo bevve. Una volta, dopo aver ascoltato il notiziario, disse: “Che strano”. Non aggiunse altro. Io non gli chiesi nulla. Alla luce della lampada il suo viso sembrò ingiallito.

In quei giorni Michael era molto tranquillo. La casa era silenziosa, troppo calma. A volte pareva che ce ne stessimo tutti nell’attesa di qualche notizia. Quando parlava a me o a Yair, Michael lo faceva con un tono di voce basso e dolce come se fossi io e non lui in lutto. La notte lo desideravo moltissimo. Era una cosa umiliante. Durante tutti gli anni del nostro matrimonio non mi ero mai resa conto di come fosse degradante questa dipendenza.

Una sera mio marito si mise gli occhiali e rimase in piedi davanti alla scrivania, appoggiandovi le mani. Con la testa china, la schiena curva. Quando entrai nello studio mi parve di rivedere Yehezkel Gonen. Rabbrividii. Con la testa piegata e le spalle curve, in una posizione instabile, Michael pareva imitare suo padre. Mi ritornò in mente il giorno del nostro matrimonio, la cerimonia sulla terrazza del vecchio palazzo del rabbino, di fronte alla libreria Steimatsky. Anche in quell’occasione Michael somigliava molto a suo padre, tanto che li avevo scambiati l’uno per l’altro. Non ho dimenticato nulla.

La mattina Michael rimaneva seduto al balcone a osservare i gatti che giocavano in cortile. C’era molta tranquillità. Non avevo mai visto Michael in quello stato di completa apatia. L’avevo sempre visto alle prese col suo lavoro. I vicini venivano a esprimerci la loro simpatia. Michael li riceveva con fredda gentilezza.



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