Mr. Globalization by Paolo Fresco

Mr. Globalization by Paolo Fresco

autore:Paolo Fresco [Fresco, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Baldini & Castoldi
pubblicato: 2020-09-15T22:00:00+00:00


8. Gianni Agnelli e io: un paso doble lungo quarant’anni

Nel 1996 Gianni Agnelli mi cercò tramite Egon Zehnder, un’agenzia di cacciatori di teste. Non specificarono il ruolo, mi chiesero soltanto se sarei stato disponibile a ricoprire una posizione apicale in FIAT. Il mio contratto con General Electric stabiliva che avrei incassato premi e stock option a patto che fossi rimasto in azienda fino al compimento dei sessantacinque anni, e io ne avevo da poco compiuti sessantatré. In realtà avrei potuto negoziare, ma alla corte di Welch venivo coinvolto negli equilibri geopolitici globali, ed era bellissimo. D’accordo, Jack era il giustamente inamovibile numero uno del mondo, e come tale era riconosciuto dal Financial Times e dalla comunità economica internazionale. Ma io non avevo mai ambito a essere il numero uno dell’universo. Lì continuavo a imparare. Non capivo la gente che lasciava General Electric per diventare il primo della classifica in serie B. Preferivo essere il secondo in serie A (non per nulla sono interista!). E, poi, ho sempre cercato di essere onesto con me stesso: sapevo di non possedere alcune caratteristiche del monarca assoluto – la spietatezza nei licenziamenti, per esempio. Se qualcuno mi avesse pungolato, se mi avesse sfottuto perché Welch sarebbe rimasto per sempre al di sopra di me, avevo già la scusa pronta: be’, io non sono americano.

Quindi non fui abbacinato dall’offerta di FIAT, e declinai con gentilezza. Non ragionavo più come un italiano. Per me FIAT, a livello globale, era giusto una buona azienda, nulla di più. C’era anche un’altra questione: mi rendevo conto che pure in FIAT il numero uno era uno e uno soltanto. L’Avvocato.

L’avevo conosciuto nel 1964, quando ero segretario del consiglio d’amministrazione di CGE, di cui la FIAT deteneva il venti per cento. Ogni sei mesi dovevo fare rapporto sull’andamento della società a quell’azionista di minoranza, il che nella mia mente voleva dire a Gianni Agnelli. Ma la prima volta che andai in FIAT, chiesi a un funzionario: “Potrei incontrare l’Avvocato?” “Lei è qui per questo,” mi rispose, e io mi emozionai. Era già il mio idolo, il più sciccoso playboy d’Italia, il principe di quella che, via i Savoia, era rimasta la famiglia più vicina all’idea di casa regnante italiana.

Ed eccolo lì, elegantissimo, cordialmente sprezzante, a gambe accavallate dietro la scrivania. Era uno di quelli che ti piantavano lo sguardo dentro le pupille e tu non eri in grado di mentire, né di omettere alcunché. “Come mai ha deciso di diventare avvocato interno?”, “Chi gliel’ha tagliata quella giacca?”, “Adesso dove si mangiano delle buone trenette a Genova?”, “Si trova bene con gli americani?”, “Perché nel terzo trimestre abbiamo avuto questa leggera flessione?”, “Com’è la vita con una donna di Mauritius?”, “Sinceramente, che margine operativo vi lascia General Electric?”, “Lei lo lifta il rovescio?” Proprio come faceva Jack, anche lui ti metteva a nudo, con domande molto specifiche, con moltissime domande molto specifiche. Era sempre un terzo grado, squisitamente mascherato da conversazione mondana. Grazie al cielo, lui che aveva dodici anni più di me, provava una evidente simpatia per i giovani brillanti.



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