Opere by Émile Durkheim

Opere by Émile Durkheim

autore:Émile Durkheim
La lingua: ita
Format: epub
editore: Istituto Geografico De Agostini
pubblicato: 2012-12-31T16:00:00+00:00


CAPITOLO II

RAPPORTI DEL SUICIDIO CON GLI ALTRI FENOMENI

SOCIALI

Poiché il suicidio è nella sua essenzialità un fenomeno sociale conviene ricercare quale posto occupi nell’insieme degli altri fenomeni sociali.

A tal riguardo, primo e più importante quesito da porsi è quello di sapere se lo si debba classificare fra gli atti che la morale consente o fra quelli che essa proscrive. Dobbiamo considerarlo, in un qualche grado, un fatto criminologico o È noto quanto il problema sia sempre stato dibattuto. Per risolverlo, di solito, si comincia col formulare una certa concezione dell’idea morale e, in seguito, si cerca se il suicidio le sia o non le sia logicamente contrario. Per i motivi suespostia, tale metodo non può essere il nostro. Una deduzione senza controllo riesce sempre sospetta e in questa materia in particolare, essa ha per punto di partenza un semplice postulato della sensibilità individuale, dato che ognuno concepisce a modo suo quell’ideale morale che si pone ad assioma. Invece di procedere in tal modo, cercheremo in un primo tempo nella storia come i vari popoli abbiano moralmente valutato il suicidio, e in un secondo tempo cercheremo di precisare quali siano le ragioni di quella valutazione. A questo punto non ci rimarrà che da vedere se e in quale misura queste ragioni siano fondate nella natura delle nostre attuali societàb.

I. — Appena costituitesi le società cristiane, il suicidio fu formalmente vietato. Fino dal 452 il concilio di Arles dichiarò che il suicidio era un delitto che poteva essere unicamente l’effetto di un furore diabolico. Ma soltanto nel secolo successivo, nel 563 col concilio di Praga, questa proscrizione ricevette una sanzione penale. Vi fu deciso che il suicida non sarebbe «onorato da nessuna commemorazione nel santo sacrificio della messa e nessun canto di salmi ne avrebbe accompagnato il corpo al sepolcro». La legislazione civile si ispirò al diritto canonico aggiungendo alle pene religiose le pene materiali. Uno speciale capitolo dei provvedimenti di San Luigi regola la materia: veniva fatto un processo al cadavere del suicida dinanzi alle autorità competenti per i casi di omicidio e i beni del defunto venivano sottratti agli eredi naturali per andare al barone. Molte consuetudini non si limitarono alla confisca dei beni, ma prescrivevano supplizi di vario genere: «A Bordeaux il cadavere veniva impiccato per i piedi; a Abbeville il cadavere, se era d’uomo, veniva trascinato alle forche e impiccato, se era di donna, bruciato»c. Nemmeno la follia era sempre ammessa come scusante. L’ordinanza penale pubblicata da Luigi XIV nel 1670 codificò queste usanze senza nemmeno attenuarle molto: veniva pronunciata una regolare condanna ad perpetuam memoriam, il corpo trascinato su un graticcio, faccia a terra, attraverso le strade e i crocevia, infine impiccato o gettato fra le immondizie. I beni venivano confiscati. I nobili incorrevano nella decadenza e venivano dichiarati plebei; si tagliavano i loro boschi, si demolivano i loro castelli e si Spezzavano gli stemmi. Si conserva ancora una sentenza del Parlamento di Parigi emessa il 31 gennaio 1749 conforme a quella legislazione.

Con violenta reazione, la rivoluzione del



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