Orizzonte Giappone by Patrick Colgan

Orizzonte Giappone by Patrick Colgan

autore:Patrick Colgan
La lingua: ita
Format: azw3, epub
Tags: Saggio
editore: goWare
pubblicato: 2014-10-11T22:00:00+00:00


I margini

Ishigaki (Okinawa)

“Come siete finiti qua? È un’isola sperduta”. A Ishigaki la domanda ritorna continuamente. Ma è proprio questo che mi ha portato fin qui, nell’arcipelago Yaeyama, a 200 chilometri da Taiwan, estremo lembo meridionale del Giappone. Questa è la periferia di Okinawa, che è già ai margini del Paese. A guidarmi, in effetti, è proprio la voglia di arrivare ai bordi delle cartine, di “smentire” e completare i brevi paragrafi dedicati nelle guide ai posti fuori dalle strade più battute. Sentirmi un punto nel nulla mi dà le vertigini. Non riesco a descrivere in altro modo quel brivido di emozione irragionevole, lo stesso che provavo da piccolo tirandomi la coperta sopra la testa e immaginandomi in una tenda al Polo Sud. E viaggiando inseguo continuamente questo sogno di bambino. “Okinawa non è Giappone” è l’altra frase che amici e conoscenti mi avevano ripetuto: era anche questo che mi affascinava, vedere un volto completamente diverso di questo Paese, spesso appiattito sotto il peso degli stereotipi. In effetti queste isole tropicali sono rimaste indipendenti per oltre 400 anni, fino alle soglie del ’900, come regno di Ryukyu e la loro cultura – scrivono le guide – è profondamente influenzata dalla vicina Cina.

Io e Letizia siamo arrivati dall’aeroporto del Kansai su un volo della low cost Peach, appena 60 euro per il posto in classe economica più stretto in cui mi sia mai seduto. È aprile, siamo in bassa stagione. E che non sia il solito Giappone ce ne accorgiamo appena arrivati: finiamo in una deliziosa casetta in legno, scricchiolante e incasinata, gestita da un capellone con la maglietta di un gruppo punk, i Nofx, che mi ispira subito simpatia. Ci sono formiche sul tatami, disordine, ma sembra non curarsene. Nell’aria domina la lentezza e tutto appare imperfetto, provvisorio. Questa è un’isola di surfer, hippie, marinai, famiglie in fuga dalla città e pensionati americani in cerca di un posto al sole. Gente che a Osaka e Tokyo si sente un pesce fuor d’acqua e che cerca uno scoglio nell’oceano dove sparire. Ha tutta l’aria di essere stato, in passato, un porto per pirati, contrabbandieri, esiliati.

“Noi ci siamo appena trasferiti da Osaka” – ci racconta in inglese una donna, mentre siamo seduti ai tavolini di un caffè in stile italiano. È qui con la famiglia, il marito, i bambini e un’amica che è venuta a trovarla. Ci fa capire che sono scappati dalla grande città anche se non scende nei dettagli: “Ci sono altre persone che fanno questa scelta, qui è tutto molto diverso, ma si sta bene, ci stiamo adattando”. Lei ci osserva con curiosità e prova a far dire “ciao” a uno dei bambini che ha la maglietta dell’Inter. Io cerco di essere disinvolto, ma sono in grave imbarazzo perché ho davanti a me un incongruo piatto di spaghetti al pesto, ordinato per disperazione perché in questa zona non c’era quasi nient’altro. Sono schiacciato sullo stereotipo dell’italiano con una sindrome da deprivazione di pasta. Vorrei fermarla, gettare la forchetta e



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