Prendi la mia vita (Italian Edition) by Lottie Moggach

Prendi la mia vita (Italian Edition) by Lottie Moggach

autore:Lottie Moggach [Moggach, Lottie]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: ebook
editore: Casa Editrice Nord
pubblicato: 2015-03-11T23:00:00+00:00


Sono le 05.20 del mattino, e l’icona della batteria lampeggia rosso. La tenda è ancora chiusa, ma so che sta albeggiando: il telo è più chiaro e gli uccellini stanno iniziando a cinguettare come matti. Ho appena scorto un’ombra schizzarmi davanti e sono sobbalzata, ma credo che fosse uno dei cani, oppure Milo che correva in bagno. Almeno spero. Buona notte.

Lunedì, 22 agosto 2011

Stasera ho raccontato a Annie di mia madre. E adesso sono preoccupata, non tanto per le possibili conseguenze (dubito che lo andrà a dire a qualcuno), ma perché mi è uscito di bocca senza che lo volessi. Forse ero sotto l’effetto della marijuana. Non che ne faccia uso, ovviamente, ma tutti quelli che avevo attorno sì; l’aria era densa di un fumo dolciastro che era impossibile non respirare, e che forse mi ha offuscato la mente.

Le cose sono andate così. Nel pomeriggio, Annie mi ha svegliato, dicendomi che era ora di dare inizio ai preparativi per la «Festa della luna piena». Ho scoperto che, ogni plenilunio, gli ospiti della comune cucinano e mangiano insieme, e ci si aspetta che ciascuno «dia il proprio contributo». Le ho spiegato che non ne sapevo niente e che non intendevo partecipare, ma lei ha tagliato corto con un «Oh, non rompere e vieni con me». Così mi sono dovuta alzare e ho dovuto seguire lei e i bambini fino al prato grande.

Davanti alla tenda più grossa era stata allestita una cucina da campo, con attrezzature rudimentali e tavoli su cavalletti, carichi di secchi colmi di verdure. Alcuni degli ospiti si affannavano da una parte all’altra, tagliuzzando e trasportando mucchi di roba, bruciando calorie per un’intera settimana. Ho riconosciuto molti di quelli ai quali avevo chiesto di Tess: Davide, coi pantaloncini minuscoli; Johanna, la tedesca col piercing alle sopracciglia; Maria, che se ne va in giro con un mucchio di accessori colorati annodati ai capelli, simili a dita; il francese pieno di brufoli orribili. Deirdre, una dei pochi qui alla comune a non avere un fisico scheletrico (è alta e grossa come un frigorifero), sembrava dirigere le operazioni, e ha annunciato che avremmo preparato uno stufato di verdure. Mi hanno mostrato un secchio pieno di carote e hanno assegnato a me, Annie, Milo e Bandito, uno spagnolo dall’aria gracile, il compito di prepararle.

Quando ho cominciato, mi sono resa conto che era quasi divertente. Mi sono concentrata cercando di tagliare rondelle uguali, spesse più o meno un centimetro, che poi impilavo come le fiches dei casinò, a colonne di dieci. Assorta in quel compito ripetitivo e metodico, sono tornata con la mente ai pranzi a casa di nonna Margaret. La mamma e io andavamo a trovarla tre volte l’anno, il giorno di Santo Stefano, la domenica di Pasqua e il suo compleanno, e puntualmente ci serviva carote in scatola. Erano le uniche volte in cui mangiavo verdure. La mamma diceva che era un ottimo affare, considerato che la maggior parte dei genitori costringeva i propri figli a mangiarne ogni giorno.

Non so perché la chiamassimo «nonna Margaret»: non avevo un’altra nonna con la quale rischiassi di confonderla.



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