Push by Tommy Caldwell

Push by Tommy Caldwell

autore:Tommy Caldwell
La lingua: ita
Format: epub
editore: Corbaccio
pubblicato: 2017-10-02T16:00:00+00:00


Più tardi, quella primavera (era il 2007), Beth e io eravamo ancora ben lontani dal terminare i lavori. L’eccitazione era svanita: non eravamo tagliati per questo. I nostri genitori si offrirono di pagare qualcuno perché ci desse una mano, e noi fummo lieti di accettare.

Ricominciammo ad arrampicare insieme. Come prima cosa dovemmo rimetterci in forma, dopo quasi un anno di fermo. Iniziammo con il bouldering. Quando l’estate lasciò il posto all’autunno, incontrammo spesso una squadra di climber appassionati di San Francisco che venivano a Yosemite tutti i fine settimana. La loro energia era qualcosa che mi mancava. Presto ci ritrovammo a organizzare i nostri incontri ai massi. All’inizio Beth era fredda e distaccata, ma più li conosceva più ne apprezzava la compagnia. Non si era fatta nuovi amici dopo il Kirghizistan e, quando vidi che cominciava ad aprirsi, fui orgoglioso di lei.

Beth stava recuperando le sue doti, e volle trovare un progetto che la mettesse alla prova. Girava voce che ci fosse un’arrampicata monotiro in fessura, praticamente impossibile, nascosta nella foresta, in una gola accanto a una cascata. Era un mistero, ma apparentemente uno dei grandi climber di Yosemite l’aveva vista generazioni prima, senza però riuscire a salirla.

Mentre eravamo in esplorazione, un giorno, strisciammo all’interno di una caverna, ci insinuammo sotto un masso enorme e sbucammo in un anfiteatro nascosto. Una cascata si gettava delicatamente in una pozza naturale, fiancheggiata da una parete di granito a strapiombo spaccata da un taglio laser che scompariva sopra una sporgenza.

«Dev’essere quella!» indicò Beth, saltando su e giù quasi avesse trovato la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno.

È straordinario. È questa la Beth che conosco.

Girai attorno all’altura per arrivare in cima, e calare una corda così che Beth potesse dedicare il pomeriggio a studiare i movimenti. La parete era una lastra praticamente piatta alta all’incirca diciotto metri. A un certo punto, in qualche era geologica, la roccia si era spaccata verticalmente a metà, e la parte sinistra si era portata avanti di un paio di centimetri rispetto all’altra. La parete era inclinata in avanti di una decina di gradi. In alcuni punti, la spaccatura aveva lasciato una fessura minuscola, capace a malapena di accogliere i polpastrelli. In altri punti era chiusa, quindi per salire Beth doveva pizzicare la sporgenza di un paio di centimetri con le mani, mentre si spingeva contro la parete con i piedi, per creare delle forze in opposizione. Sembrava si stesse arrampicando su una palma: i fianchi in fuori, i piedi che premevano. Ma non aveva un tronco attorno al quale avvolgere le braccia. Le dita dovevano afferrare quella sporgenza come una morsa, e doveva mantenere una posizione precisa con piedi e corpo: la più piccola perdita di equilibrio avrebbe significato una caduta immediata.

Mentre la osservavo studiare le mosse, mi rendevo conto che quella era l’arrampicata perfetta per lei, più difficile di qualunque altra in cui si fosse cimentata. Beth era la migliore che avessi mai visto in azione con uno stile così sottile. Se avesse avuto successo, quella sarebbe diventata la fessura monotiro più ardua di Yosemite.



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