Roberto Baggio by Stefano Piri

Roberto Baggio by Stefano Piri

autore:Stefano Piri [Piri, Stefano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: 66thand2nd
pubblicato: 2020-02-06T23:00:00+00:00


6. Dalla Juventus al Milan

Non sapremo mai cosa sarebbe cambiato se quel rigore fosse entrato, e non lo saprà mai Baggio. Probabilmente non gliene importa granché, tanto è vero che qualche anno dopo si presterà con buonumore ottimamente retribuito alla trovata pubblicitaria di un operatore telefonico, che con rudimentale computer grafica modificherà le immagini facendo entrare il pallone in rete, a suffragio dello slogan «la storia è cambiata». Come dice Baggio, nel calcio non c’è tempo per godersi i successi e soffrire per le sconfitte. Conta solo il presente.

Sembra incredibile che un singolo errore dal dischetto possa compromettere il destino di uno come lui, eppure la finale di Pasadena sta alla storia di Baggio come la disfatta di Lipsia a quella di Napoleone: non è una sconfitta definitiva ma è quella che spezza la traiettoria ascendente della sua parabola. Più o meno sino a fine millennio sarà imprigionato in uno stesso canovaccio, pur con significative varianti: stagioni iniziate con grandi aspettative, allenatori che col passare dei mesi si convincono che Baggio è meno insostituibile del previsto, discussioni sulla sua capacità di leadership e di essere decisivo, contrasto aperto con l’allenatore, Baggio che decide di cambiare squadra ma subito prima riesce a inventare qualcosa di meraviglioso e determinante, in modo da farsi rimpiangere.

Andiamo con ordine. Il declino di Baggio a livello di top club inizia e finisce con la sua vera nemesi, l’unico tra i tanti allenatori con cui si è scontrato a cui ancora oggi non ha offerto un ramoscello d’ulivo: Marcello Lippi. Lippi arriva alla Juve da outsider, reduce da buoni piazzamenti alla guida dell’Atalanta e del Napoli ma non certo con un curriculum d’eccellenza. Assomiglia a Paul Newman in maniera spaventosa – ancor più carismatica perché ha l’aria di uno a cui non frega niente di assomigliare a Paul Newman – e ha due occhi color carta da zucchero nei quali è impossibile leggere altro che la certezza del proprio destino. È un integralista del 4-3-3, un modulo che non sembra ideale per le caratteristiche di Baggio, ma nei primi mesi della stagione 1994/95 le cose vanno molto meglio del previsto. La squadra risponde immediatamente agli stimoli del nuovo tecnico, è corta, aggressiva e spietata, anche spettacolare nel senso più dinamico e brutale del termine, come le meccaniche di una locomotiva a vapore. Nel ruolo di esterno d’attacco del tridente Baggio riesce spesso a contrabbandare i movimenti da trequartista che da sempre gli sono congeniali, si diverte e fa divertire al punto che a ottobre, con una sfacciataggine davvero insolita per lui, commenta così le voci che lo vedono favorito per vincere di nuovo il Pallone d’Oro: «Credo di meritarlo, è il premio assegnato al miglior giocatore europeo e io sono stato finalista mondiale contro il Brasile. I gol segnati in America e l’esclusione di Romário perché non è europeo, potrebbero risultare decisivi». Pochi giorni dopo Lippi vince il primo big match della sua carriera, contro il Milan campione d’Italia di Capello, grazie a lui. Anzi, grazie a



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