Roger Federer by René Stauffer

Roger Federer by René Stauffer

autore:René Stauffer [Stauffer, René]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Sport/Giochi
ISBN: 9788893429276
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 2019-12-09T12:00:00+00:00


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A Broadway

«IF I can make it there, I’ll make it anywhere.» Tutti conoscono la famosa canzone di Sinatra dedicata a New York, città glamour e affascinante, una foresta di grattacieli dove nessuno dorme mai, una «giungla di cemento di cui sono fatti i sogni», come canteranno molti anni dopo JAY-Z e Alicia Keys.

Nel mondo del tennis professionistico, però, l’affermazione di Sinatra non è affatto valida: chi vince il torneo del Grande Slam non lontano da Broadway non ha nessuna garanzia di imporsi anche nelle altre competizioni importanti. Guardate Jimmy Connors e Pete Sampras, per esempio: entrambi hanno vinto cinque volte gli US Open ma hanno sempre fallito nella caccia al titolo sui campi in terra battuta del Roland Garros. Guardate John McEnroe, Stefan Edberg e Boris Becker, vincitori anche loro degli US Open però mai del titolo di Parigi. O Ivan Lendl, tre volte campione a New York che ha concluso la carriera senza mai ottenere una vittoria a Wimbledon.

Tuttavia nel tennis non è vero nemmeno il contrario di quello che afferma l’evergreen di Sinatra: chi non ha successo a New York può comunque avere una carriera straordinaria. È il caso di Björn Borg, che conquistò tutti i suoi undici trofei più grandi a Wimbledon e a Parigi. A Melbourne, che all’epoca dello svedese era il torneo meno significativo tra i quattro più importanti, ci arrivò solo una volta a diciassette anni, ma New York diventò la sua Waterloo, sebbene ci avesse provato per dieci volte e avesse partecipato a quattro finali. Dopo la quarta sconfitta in finale nel 1981, Borg decise che ne aveva abbastanza e non partecipò più a nessun torneo del Grande Slam, sebbene all’epoca avesse solo venticinque anni.

Borg aveva disputato gli US Open su erba le prime due volte, e dal 1975 al 1977 su terra battuta, superficie che gli risultava più congeniale. Solo nel 1978, quando il torneo verrà spostato dal Westside Tennis Club a Forest Hills, nella vicina Flushing Meadows, i campionati americani si svolgeranno su cemento. Però Borg, per motivi contrattuali, si presentò per molti anni negli USA con una racchetta Bancroft, mentre i suoi più grandi successi li ottenne con una Donnay. «Era un’idiozia, perché quelle racchette non andavano bene», sostiene Heinz Günthardt, amico di lunga data dello svedese.

Sebbene non sia disposto a compromessi del genere, per molto tempo nemmeno a Federer le cose a New York risultano semplici. Nel 2004, quando arriva agli US Open ha già vinto due volte a Wimbledon, è campione dell’Australian Open e di vari Masters ed è il primo del ranking mondiale. Nei quarti di finale si trova ad affrontare il trentaquattrenne Agassi e va in vantaggio per 6-3, 2-6, 7-5, ma in tarda serata a New York comincia a piovere e la partita viene sospesa. Quando riprende, nel pomeriggio di giovedì, si sollevano venti simili a un uragano, condizioni che Federer descrive come le peggiori in cui abbia mai giocato.

«Cinque anni fa con questo vento sarei impazzito», dichiara. Ora però non è più la testa calda di un tempo ed è in grado di dominarsi.



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