Rua Martin - 2012 - L'Ombra D'Argento by Rua Martin

Rua Martin - 2012 - L'Ombra D'Argento by Rua Martin

autore:Rua Martin
La lingua: ita
Format: mobi
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788877281371
editore: A & B
pubblicato: 2007-03-14T23:00:00+00:00


Mi risvegliai nel cuore della notte dopo aver sognato per l’ennesima volta padre Ravelli. Non ero agitato, non ero tranquillo, non provavo gioia o dolore, come se avessi raggiunto l’atarassia.

Mi alzai meccanicamente, come in trance. Raggiunsi il laboratorio ed entrai. Mi avvicinai al tavolo. Era come se qualcuno mi guidasse. Raccolsi gli ingredienti per creare la pietra di Flamel. Misi le giuste quantità nell’athanor e assistetti alla lenta trasmutazione fissando continuamente la materia nell’uovo filosofico, l’altro evocativo nome del forno degli alchimisti. Ero come ipnotizzato.

Le ore trascorrevano. Tutto procedeva per il meglio: ero sereno. Sentivo quasi una presenza al mio fianco: Matteo? Flamel? Entrambi? Di tanto in tanto gettavo lo sguardo sul vetro della piccola finestra che avevo lasciato socchiusa. Vedevo passare di sfuggita volti che conoscevo: Ravelli che mi sorrideva tenendo sotto braccio Matteo…

Giunto al momento di usare la pietra filosofale non ebbi esitazioni. Presi la fialetta, la aprii con delicatezza e contai. «Uno… due… tre… quattro… cinque… sei… sette!».

Alla settima goccia, tutto il composto ebbe un fremito. La ricetta di Flamel raccomandava di aggiungere l’ingrediente poco prima che l’albedo lasciasse il posto alla rubedo, “quando la stella cambia colore, da bianco in verde”. Quando la fata verde porta il composto alla sua fase finale, pensai recuperando un attimo di lucidità in quel vortice di follia ipnotica.

La materia cominciò a coagularsi un’ultima volta. Notai che essa s’induriva molto più velocemente. Poi, d’improvviso, dall’interno dell’athanor partirono luminosissimi lampi rossi. La luce colpiva le pareti e sembrava volesse bucarle. Uno di questi raggi colpì di striscio anche me. Era così caldo e potente che mi fece barcollare sullo sgabello. Un secondo raggio mi colpì in pieno e così caddi a terra. Poi, di colpo, i lampi scomparvero e ritornò la calma.

Rimasi intontito per qualche secondo a terra. Mi rialzai faticosamente. Il buio adesso era totale. Anche i fumi che si creavano con la trasmutazione erano scomparsi, risucchiati dal piccolo aeratore e si era spenta la fiamma dell’athanor. Mi avvicinai. Accesi una candela, per non aggredire il composto con una luce forte. Guardai sbigottito. Nel forno non c’era più il composto informe, ma una pietra scura, grande come un’albicocca, con splendidi riflessi rossi. Fuori albeggiava. Ce l’avevo fatta.

Estrassi delicatamente la pietra dal forno. Il caldo era ancora intenso all’interno di questo. Misi quella sorta di rubino sullo stesso vassoio su cui avevo adagiato il composto di Matteo. Eccole lì, le due fasi di questo gioco incredibile per il quale, forse, il mio Maestro era morto, senza che noi, che lo amavamo, sapessimo perché.

«La vedi Matteo?» dissi completamente cosciente. «Era questa che cercavi di creare? Grazie Maestro per avermi guidato fin qui!» mi fermai a riflettere guardando la pietra. «Ora che devo fare? A che cosa serve, Maestro?».

Tutto taceva, la calma era totale e il sole, lentamente, dava inizio ad un nuovo giorno. Presi il vassoio e uscii dal laboratorio. Mi accorsi di essere esausto. Giunto nel salottino, poggiai il risultato del mio lavoro sul tavolo e mi lasciai cadere sul divano. Mi addormentai in un secondo e dormii per alcune ore.



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