Saladino: Il Condottiero Che Sconfisse I Crociati by John Man

Saladino: Il Condottiero Che Sconfisse I Crociati by John Man

autore:John Man [Man, John]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, Biography, Religion
ISBN: 9788809819399
Google: -zljEAAAQBAJ
Amazon: B015P668YA
Barnesnoble: B015P668YA
Goodreads: 26834859
editore: Giunti
pubblicato: 2015-04-22T23:00:00+00:00


42 - I documenti in questione sono le lettere di Imad al-Din, segretario di Saladino, e di al-Qadi al-Fadil, suo visir in Egitto. Un altro racconto dei fatti ci è giunto dal grande viaggiatore ibn Jubayr. La vicenda è stata ripresa sia da ibn al-Athir che da Sibt ibn al-Jawzi, i quali vi aggiunsero commenti personali. Altri dettagli si possono trovare nella biografia dell’ammiraglio che mise fine alla spedizione, Husam al-Din, Lu’lu’.

9. VERSO LO SCONTRO FINALE

La spedizione di Rinaldo aveva preoccupato Saladino perché, in qualche modo, se ne sentiva responsabile. Rinaldo aveva infatti avuto la sua possibilità poiché egli era impegnato altrove, a combattere altri musulmani, esponendolo così all’accusa di preoccuparsi più dei propri interessi personali che della difesa dell’islam.

Fu in questo momento, all’inizio di aprile del 1183, che Saladino ricevette una lettera dal califfo che lo autorizzava a prendere Amida, l’attuale Diyarbakir nella Turchia sudorientale, la più ricca e più grande città della regione conosciuta anche come al-Jazira (o Jazeera, «l’isola», dalla quale discende il nome della moderna emittente televisiva), che ospitava una biblioteca che si diceva essere la più bella di tutto l’islam. Chiamata con vari nomi, nel corso della sua esistenza Amida fu sempre etichettata come «la Nera», per lo scuro basalto locale con il quale erano costruiti i suoi edifici e le sue formidabili mura. Al tempo dei romani la città era divenuta famosa per il grande assedio del 359 d.C., quando i persiani avevano speso parecchi giorni per attaccarla. L’assedio è descritto nei dettagli dallo storico e soldato greco-romano Ammiano Marcellino, che vi prese parte e che, nel suo racconto, evoca l’immagine del suo castello sulla cima di una collina.

In una parte lontana delle mura, sul lato meridionale che guarda verso il fiume Tigri, c’è una torre che sorge su un’elevata collina, sotto la quale si apre un precipizio roccioso così ripido che nessuno può guardar giù senza provare un brivido di vertigine. In queste rocce sono stati scavati degli archi e abilmente ricavate delle scale che portano, attraverso la base della montagna, all’altopiano su cui giace la città, e attraverso le quali è possibile portare segretamente acqua in città dal canale del fiume.

Un migliaio di anni più tardi la città sembrava ancora inespugnabile, ma era governata, per conto di un anziano emiro, da un amministratore impopolare e incompetente, ibn Nisan, che non aveva mai adottato la normale precauzione di remunerare i cittadini per rinforzare i ranghi dei suoi arcieri e della sua fanteria. Le buone ragioni per prendere Amida non mancavano – per l’esattezza, nelle parole di Imad al-Din, «per liberarla dalla schiavitù nisanide». Raggiungere la città non fu facile per Saladino, che dovette affrontare una marcia di due settimane per coprire i cinquecento chilometri che la separavano da Damasco. Una volta sul posto, dopo aver fatto riposare le truppe per tre giorni, il sultano diede inizio al bombardamento, utilizzando i propri mangani, tra i quali ce n’era uno gigantesco detto al-Mufattish («l’esaminatore»), che aveva un braccio di lancio lungo dieci metri e un contrappeso formato da diverse tonnellate di pietre.



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