Seguendo l'equatore by Mark Twain

Seguendo l'equatore by Mark Twain

autore:Mark Twain [Twain, Mark]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788868652463
editore: Baldini&Castoldi
pubblicato: 2016-03-14T04:00:00+00:00


CAPITOLO XLI

C’è un brindisi dei vecchi tempi che è aureo per la sua bellezza: «Quando ascendi la collina della prosperità,

possa tu non incontrare un amico».

Il nuovo almanacco di Pudd’nhead Wilson

La successiva immagine che vaga nei campi della mia memoria è legata alla religione. Fummo portati da amici a visitare un tempio giainista. Era piccolo con numerose bandiere o festoni che sventolavano da pali issati sul suo tetto; e le basse merlature sostenevano moltissimi idoli o immaginette. In cima alle scale, all’interno, un solitario fedele pregava o declamava ad alta voce al centro della stanza. La nostra presenza non lo interruppe, né gli diede noia o alterò il suo fervore. A dieci o dodici piedi da lui c’era l’idolo, piccola figura in posizione seduta. Aveva l’aspetto rosato di una bambola di cera, ma della bambola gli mancava la rotondità delle membra e l’approssimazione alla correttezza della forma e alla giustezza delle proporzioni. Il sig. Gandhi ci spiegò tutto. Era delegato al Congresso delle Religioni di Chicago. Lo fece con estrema lucidità, in un inglese magistrale, ma con il tempo il ricordo si è sbiadito in me, e ora di quell’episodio non mi resta che una sensazione: un’oscura idea di una credenza religiosa abbigliata con sottili forme intellettuali, elevate e pure, prive di volgarità carnali; e insieme un’altra oscura impressione che in qualche modo collega quel sistema intellettuale a quell’immagine rozza, a quell’idolo inadeguato – in che modo, non so dire. A rigor di termini, le due cose sembrano non aver nulla a che spartire. L’idolo, mi pareva, simboleggiava una persona divenuta un santo o un dio attraverso aggiunte di santità stabilmente crescente, ottenute in una serie di reincarnazioni e avanzamenti nel corso di molti secoli; e ora, infine, era un santo qualificato a ricevere venerazione come vicario, e trasmetterla alla cancelleria del cielo. Era così?

Di qui ci recammo al bungalow del sig. Premchand Roychand a Lovelane, Byculla, dove un principe indiano stava per ricevere una delegazione di una comunità giainista che desiderava congratularsi con lui per un’alta onorificenza da poco conferitagli dalla sua sovrana Vittoria, imperatrice dell’India. Quest’ultima lo aveva fatto cavaliere dell’ordine della Stella dell’India. Sembrerebbe che persino il più importante principe indiano sia felice di aggiungere il modesto titolo di «sir» alle sue antiche maestà native, e sia disposto a rendere preziosi servigi per ottenerlo. Ridurrà liberalmente le tasse, e spenderà danaro in libertà per il miglioramento delle condizioni dei suoi sudditi, se con questo può guadagnarsi la nomina a cavaliere. E si darà da fare, si darà un bel po’ da fare, per ottenere una salva di cannone insieme al saluto concessogli dal governo britannico. Ogni anno l’imperatrice distribuisce titoli di cavaliere, e aggiunge salve di saluto per i pubblici servigi resi dai principi nativi. Il saluto a un principe di scarsa importanza consiste in tre o quattro salve; i principi di più alto rango ricevono saluti via via crescenti, di salva in salva – oh, addirittura fino a undici; può succedere che siano anche di più, ma personalmente non ho mai sentito di principi che andassero oltre le undici salve.



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