Sette modi di dimenticare by Aleida Assmann;

Sette modi di dimenticare by Aleida Assmann;

autore:Aleida, Assmann; [Assmann, Aleida ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Critica letteraria, Voci
ISBN: 9788815353641
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2019-09-15T00:00:00+00:00


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[1] F.G. Jünger, Gedächtnis und Erinnerung, Frankfurt a.M., Klostermann, 1957, pp. 16-17.

[2] W. von Scholz, Irrtum und Wahrheit. Neue Aphorismen, Gütersloh, Bertelsmann, 1950, p. 74.

[3] B. Schulte, «Der Jude von Konstanz» ist derzeit am Bodensee zu sehen, in «Badische Zeitung», 12 giugno 2013.

VI.

Il dimenticare selettivo

Mentre nell’epoca digitale, con lo sviluppo di chip sempre più microscopici, da un anno all’altro quasi si raddoppia la capacità tecnica d’archiviazione, i nostri cervelli sono costretti a lavorare ancora sulla base limitata della loro infrastruttura biologica. È per questa ragione che occorre qui distinguere tra archiviare e ricordare. Certo, se si tratta di facoltà mnemonica, di apprendimento a memoria e di mnemotecniche varie, anche gli esseri umani possono archiviare, ma questa è naturalmente la specialità di dispositivi tecnici. In compenso, ricordare possono farlo solo gli esseri umani. Ora, nel rielaborare informazioni e nello stabilizzare ciò che entra nella nostra memoria, occorre confrontarsi con il fondamentale problema della carenza di spazio. L’oblio così come lo ha raffigurato l’emblema barocco, con la bottiglia dal collo stretto, doveva denunciare una disfunzione, e richiamare l’attenzione sul fatto che un rimedio a questo problema poteva consistere nell’arte della mnemotecnica, deputata ad ampliare la memoria. L’emblema può però essere letto anche al contrario, come un’approvazione dell’oblio. Allora il suo messaggio diventa: dimenticare è salutare perché riduce l’eccesso di informazioni. In effetti la memoria dipende fortemente dal filtro dell’oblio che, accogliendo solo poche cose dalla massa di sensazioni che giungono al cervello attraverso i canali sensoriali, fornisce i presupposti per prospettive, rilevanza, identità e, con ciò, crea anche la base stessa del ricordo. Il detto dell’antica mnemotecnica – «La massima parte è andata perduta» – va inteso dunque non solo come un difetto o addirittura una condanna, ma anche come una benedizione. Per la dinamica del dimenticare selettivo già Francesco Bacone aveva trovato un’immagine pregnante: «illuminando un angolo, si lascia al buio il resto»[1]. Trascurare, dissolvere, ignorare: sono forme di oblio che fanno del dimenticare una componente intrinseca del ricordare, perché le lacune del dimenticare sono costitutive per l’organizzazione di qualunque memoria. Per questo, la produzione di ignoranza, di perdita e di dimenticanze è diventata un nuovo campo di ricerca sotto il nome di «agnotologia». Non ci si può più semplicemente affidare all’ignoranza: essa, in particolare nelle condizioni imposte dall’esistenza dei Big Data, dev’essere prodotta, conservata e perciò indagata in modo nuovo nella sua funzione di meccanismo specifico di selezione politico-culturale[2].

Con ciò si pone la questione fondamentale dell’economia della memoria e dei suoi criteri di selezione. Come, dove e da chi sono governati questi passaggi? Che cosa di volta in volta viene incluso e che cosa invece escluso? Nietzsche si è interessato a questo problema da un punto di vista cognitivo e morale. Nel primo caso si trattava di assoggettare la memoria al controllo della volontà.

La serenità, la buona coscienza, la lieta azione, la fiducia nel futuro – tutto ciò dipende, nell’individuo come nel popolo, dal fatto che ci sia una linea che divide ciò che si può abbracciare con lo sguardo, ciò che è chiaro, da ciò che non è rischiarabile e oscuro[3].



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