Siamo in missione per conto di Dio. La santificazione del lavoro by Pippo Corigliano

Siamo in missione per conto di Dio. La santificazione del lavoro by Pippo Corigliano

autore:Pippo Corigliano [Corigliano, Pippo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852068423
Google: 2fSVCgAAQBAJ
editore: Mondadori
pubblicato: 2015-10-13T14:29:31+00:00


Questo dialogo mi emoziona sempre. Porta con sé delle verità profonde relative al sapersi voler bene davvero. Lo trascrivo tutte le volte che posso. Qualche donna potrebbe indispettirsi: come! Le donne devono proprio fare tutto? La realtà è che sono loro le registe della felicità.

Quarant’anni fa il Padre moriva. Sembra incredibile che sia passato tanto tempo da un avvenimento che ricordo così nitidamente. Eravamo a pranzo a Milano nel centro di via Domenichino e don Mario Lantini (il vicario del Prelato dell’Opus Dei in Italia) fu chiamato d’urgenza al telefono. Quando tornò disse commosso: «Il Padre è morto». Rimanemmo di sasso. Interrompemmo il pranzo e andammo in oratorio. Poi accompagnai l’amico Cesare Cavalleri, giornalista e scrittore, che quel giorno era ospite nostro, alla metropolitana. Era il 26 giugno e la giornata era splendida, un sole pieno come raramente si vede a Milano. Quando lasciai Cesare mi guardai in giro, sembrava strano che il paesaggio attorno fosse ridente mentre avevo quel peso sul cuore.

Meno di tre mesi prima ero stato ospite a Villa Tevere (la sede centrale dell’Opus Dei) a Roma e, nel dopo pranzo, avevo raccontato al Padre episodi dell’incontro della settimana di Pasqua con studenti italiani nella residenza universitaria dell’Eur. Diversi avevano chiesto l’ammissione all’Opera e il Padre commentò: «È questione di fede, non è questione di altre questioni», alludendo alla fiducia in Dio nel compiere l’apostolato. Mi raccomandò di avere comprensione con le debolezze dei giovani, «che poi sono le stesse nostre debolezze», aggiunse. E disse una frase che don Álvaro, il suo successore, riportò nella prima lettera scritta dopo la morte del Padre. «La cosa peggiore che possa capitare è che non si notasse che ci vogliamo bene.» Sono parole che ho appena riferito, ma voglio ripeterle perché sono sempre d’ispirazione e di pungolo nel rapporto affettuoso con gli altri. Si deve «notare» che ci vogliamo bene.

Pensai alla prima volta che avevo visto nostro Padre in quello stesso soggiorno, nel 1961. Avevo diciannove anni ed ero emozionato perché avrei conosciuto l’autore di Cammino, il libro che avevo assimilato ormai da qualche anno. Avevo chiesto l’ammissione all’Opera come numerario l’anno precedente e notai che anche gli altri, più grandi di me, erano emozionati nell’attesa dell’arrivo del Padre. Il clima cambiò subito appena si profilò sulla porta la sagoma di due sacerdoti. Il secondo, don Álvaro, sorridendo scomparve in fondo alla sala, mentre il Padre si sedeva sul bracciolo di un divano. Cominciò a scherzare con tutti e si creò il clima di famiglia che in seguito ho sempre avvertito accanto a lui. A un certo punto vide il pittore Giorgio Del Lungo, che era di ritorno dalla Svizzera, dove si era da poco trasferito. Gli accarezzò il viso con entrambe le mani e gli rivolse uno sguardo così affettuoso che capii all’istante quanto il Padre ci volesse bene, con cuore di padre e di madre. Ricordo anche una scena che era abituale, come avrei imparato in seguito: il Padre si interrompe mentre sta parlando e dice ad alta voce: «Álvaro!».



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