Studi femministi dei media by Alison Harvey

autore:Alison Harvey [Harvey, Alison]
La lingua: eng
Format: epub
editore: Meltemi
pubblicato: 2023-05-11T15:53:19+00:00

4.2. Le donne occidentali come salvatrici

Nel 2017, un’applicazione per dispositivi mobili sviluppata da un team di cinque liceali keniane, chiamate “The Restorers”, ha fatto il giro del mondo. Sotto la supervisione di un mentore locale, le cinque hanno creato un’applicazione per l’iniziativa #WorldPitch di Technovation, cui abbiamo accennato all’inizio del capitolo. L’applicazione, chiamata iCut, si propone di offrire supporto e strumenti a giovani donne che subiscono infibulazione, più comunemente conosciuta come mutilazione genitale femminile (MGF). L’escissione dei genitali femminili esterni per motivazioni non legate alla salute – una pratica fortemente contestata e portata avanti prevalentemente da comunità africane e asiatiche – è divenuta una causa globale di preoccupazione, che riassume la filosofa Martha Nussbaum (1999; 2000) nei suoi ragionamenti in merito alla scelta, all’universalità dei diritti e alle capacità umane. Femministe internazionali descrivono la MGF come una pratica di controllo del genere, in cui la sessualità delle donne viene mutilata per confermare valori culturali locali legati al pudore e alla bellezza femminili. Dagli anni Settanta in poi l’attivismo ha lottato su un piano globale per porre fine a questa pratica e ai suoi impatti deleteri su salute, benessere e status sociale. Alcune posizioni critiche sostengono, però, che qui dovrebbe entrare in gioco il relativismo culturale, laddove invece le norme e le tradizioni di una cultura sono estese alle altre e giudicate senza valorizzare le differenze. Nussbaum (1999) afferma chiaramente, nelle sue analisi, di “giudicare altre culture” e, dal momento che gli approcci femministi richiedono azioni normative rispetto a sistemi di disparità di genere che opprimono persone e gruppi, azioni contro pratiche come quella dell’infibulazione – che sarebbe illegale nel mondo occidentale – dovrebbero apparire logiche e appropriate.

Gli studi femministi transnazionali dei media devono, a ogni modo, tenere simultaneamente conto delle idee derivanti dalla teoria postcoloniale, che abbiamo visto nel paragrafo precedente, e riflettere su come queste conversazioni e azioni attorno all’infibulazione o ad altri argomenti di interesse per il femminismo occidentale rispecchiano nuovi discorsi su “noi” e “loro”. Conosciamo fin troppo bene i binarismi primitivismo/progresso, tradizionale/illuminato, ignorante/istruito dalle pratiche storiche dell’imperialismo e della colonizzazione. Le pratiche e le relazioni di dominazione globale esposte in precedenza sono state storicamente giustificate in gran parte da un’idea per cui i territori che sono stati occupati, come le popolazioni indigene che li abitavano, erano sottosviluppati, non civilizzati e primitivi (perché le loro terre non erano considerate beni di proprietà o non erano coltivate allo stesso modo di quelle nelle nazioni dell’Europa occidentale). A causa di queste differenze nelle consuetudini, l’insediamento forzato sul territorio e la regolamentazione dei popoli indigeni sono stati visti come azioni positive, per non dire benevole, che avrebbero reso possibile il “progresso” in linea con i valori dei colonizzatori. Come vedremo in questo paragrafo, idee di questo tipo caratterizzano ancora le percezioni che si hanno del Sud globale e l’urgenza di “salvare” donne e ragazze fuori dai contesti occidentali, ma anche gli approcci femministi a lavorare con singoli, gruppi e comunità in quei contesti.

Il supporto offerto a iCut da Technovation, a

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