The American by Martin Booth

The American by Martin Booth

autore:Martin Booth [Booth, Martin]
La lingua: ita
Format: mobi, epub
editore: Newton Compton editori
pubblicato: 2010-08-31T22:00:00+00:00


A metà giornata, qui la gente ama passeggiare per una o due ore in corso Federico II. Il colonnato è affollato di persone che si soffermano a guardare le vetrine, turisti che prendono caffè e pasticcini, anziane che vendono giornali, impiegate che camminano mano nella mano e ciarlano come uccelli canterini, anziani che discutono di politica, giovani che parlano di sesso e musica rock, coppie che chiacchierano di inezie.

Al centro del corso – vietato al traffico eccetto che per autobus e taxi, rari a quest’ora – gli uomini passeggiano sottobraccio, talvolta tenendosi per mano. Non è una città di finocchi, un covo di checche, una miniera d’oro per medici ciarlatani che promuovono un presunto vaccino per l’AIDS a base di noccioli di albicocche e chinino. Qui siamo in Italia, dove gli uomini si tengono sottobraccio mentre parlano di mogli, amanti, successi professionali e delle pecche del governo.

Di tanto in tanto, mi piace entrare in uno dei piccoli caffè sotto il colonnato, un cappuccino o un piatto di pasta sul tavolo, un giornale in mano, e osservare questo mondo che mi scorre davanti. È lo spettacolo dei gregari, i piccoli artisti sul palco della vita, la gente per cui il presente è tutto, per la quale un buon vino è come una donna. Mi sovviene Duilio. Sono persone che non hanno altra parte da recitare se non quella di creare l’atmosfera. Sono la massa, la scena corale, i domestici, gli stallieri e i soldati che riempiono la scena. Frattanto, al centro del palco, gli attori principali portano avanti la storia. Io sono – immagino – uno dei primi. Un personaggio secondario. Ho poche battute da recitare, poche scene da interpretare. Hanno un’importanza minore, eppure sono in grado di alterare il flusso dell’azione. Presto, ad esempio, il mio cliente sarà di ritorno. L’Atto quarto volge al termine. Il quinto sta per avere inizio.

Clara passeggia per il corso. È in compagnia di una ragazza che non ho mai visto prima. Studentessa, a giudicare dall’aspetto, gambe lunghe, capelli lunghi, lunghe le maniche della sua camicetta, che apre come un autobus le sue portiere. Camminano mano nella mano. La ragazza tiene sottobraccio una cartella portadocumenti di pelle. Clara stringe a sé tre o quattro libri, tenuti insieme da una cinghia di pelle. Potrebbe sembrare una normale studentessa che va a lezione. A vederla così, non si direbbe che porti avanti gli studi universitari a forza di scopate, e con un vecchio che trascorre il suo tempo a rimodellare un Socimi 821.

Mi vede, fa un cenno all’amica e attraversano la ressa degli habitué del corso.

«La mia amica, Anna», dice. «E questo è il mio amico, il signor Farfalla».

Si lasciano la mano, la ragazza mi porge la sua. Faccio per alzarmi in piedi, piego il giornale e ricambio il saluto.

«Molto lieto».

«Piacere».

Anna parla inglese. Io sono l’incarnazione di una lezione di lingue improvvisata, un po’ di pratica calata nella realtà. Ma non mi importa. Un uomo che prende un caffè in compagnia di due ragazze attira meno l’attenzione rispetto a chi siede da solo al bar sfogliando un giornale.



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