L'archivio del diavolo by Pupi Avati

L'archivio del diavolo by Pupi Avati

autore:Pupi Avati
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2020-09-15T00:00:00+00:00


Don Stefano

Nina aveva fatto il pane lievitato durante la notte, due tazzine da caffè sostituivano le ampolline dell’acqua e del vino mentre una capace tazza da caffellatte fungeva da calice sul ripiano di un vecchio canterano protetto da una candida tovaglia.

Don Stefano fissava quell’insolito altare apparecchiato guardando in modo interrogativo i due che lo ospitavano.

«Per celebrare la messa…» gli disse la donna.

«Non dovete dire messa tutti i giorni?» gli rammentò Oreste.

Lui annuì:

«Certo» confermò sorridendo.

Celebrò così l’Eucarestia su quel mobile della cucina avvertendo da subito una misteriosa serenità: «Introíbo ad altáre Dei…» esordì.

«Ad Deum qui lætíficat iuventútem mèam» gli rispose prontamente la Nina con Oreste che le andava faticosamente dietro.

«Adiutórium nostrum in nómine Dómini…»

«Qui fécit cælum et tèrram.»

«Confíteor Deo omnipoténti, Beátae Maríae semper Virgini, beáto Michaëli Archángelo, beáto Joánni Baptístae, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sánctis et vobis, fratres: quia peccavi nimis cogitatíone, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa.»

Quando si trattò di battersi il petto sapendosi nel peccato, provò una fortissima commozione. Si percepì, forse per la prima volta, come parte dell’autentico mistero di quell’ufficio divino. Gli accadde insomma che il celebrare l’Eucarestia, dopo averlo fatto infinite volte in basilica, in quella angusta camera da letto, privo del rifulgere dell’oro dei mosaici, della pianeta, delle lucentezze della pisside, dei calici, delle patene, lo restituisse a un rapporto essenziale con un Dio capace di salvarlo dalla disperazione.

Riconobbe la necessità di obbedire a quella promessa in senso più pieno, più convinto, cercando in sé una misericordia che avrebbe dovuto essere la pietra angolare della sua vocazione.

Sapeva che il bar Marisa sulla piazza era provvisto di una cabina telefonica. Avvertì da quel paio di clienti e dalla donna al bancone una forte curiosità nei suoi riguardi. Gli eventi della notte prima non potevano averli risparmiati.

«Vorrei chiamare Mestre…» disse.

La donna girando attorno al bancone raggiunse la cabina, formò un numero:

«Ornella, ho una chiamata per Mestre…» si rivolse a lui «il numero?».

Lui le porse un foglietto. La donna lesse il numero scandendolo ad alta voce:

«Sì grazie… no, la gola ancora male, ma almeno gli è calata la febbre… sì aspettiamo… ciao…».

Riattaccò:

«Aspettiamo…» gli disse lasciando la cabina «da qui Mestre si sente molto bene» lo rassicurò.

Lui annuì riconoscente.

«Lei è il nuovo parroco?»

«Sì, piacere…» si intuì che lei non fosse avvezza alle strette di mano. «Dicono che c’era un morto?» si decise a chiedergli.

«Purtroppo sì, forse da qualche mese…» le rispose con la mente altrove.

«Dopo la brutta storia dell’altr’anno avevano fatto bene a chiuderla… non so che idea è stata riaprirla. Pensi che lì mi sono sposata» lavava dei bicchieri dentro una bacinella «ma dopo quello che è successo non lo rifarei di sicuro… ma forse non mi sposerei in generale!» rise compiaciuta del proprio seno traballante.

Si udì il trillo del telefono: «L’Ornella è un fenomeno!» dichiarò ciabattando il sedere verso la cabina.

«Sei tu?… sì, passamela…» si rivolse a don Stefano porgendogli la cornetta.

«Ecco la sua Mestre.»

Lui si chiuse all’interno:

«Sì, grazie… me lo passi…» disse al telefono, senza saper nascondere la tensione.

«Pronto?» bofonchiò la voce assonnata di una donna.



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