Trilogia sporca dell'Avana by Pedro Juan Gutiérrez

Trilogia sporca dell'Avana by Pedro Juan Gutiérrez

autore:Pedro Juan Gutiérrez [Gutiérrez, Pedro Juan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2022-05-22T22:00:00+00:00


Circondati dal rumore

Ci eravamo conosciuti su un autobus. Seduti uno accanto all’altra per un’ora e mezza. Entrambi traspirando sesso da tutti i pori, come se ci stessimo annusando. Anisia aveva diciannove anni e io quarantacinque. Era snella, tosta, con tutte le cose al posto giusto, carina, due occhi vispi come fuochi d’artificio. Avevamo infilato qua e là un’allusione durante la chiacchierata. C’era un buon flusso di corrente tra noi. Ci eravamo scambiati i numeri di telefono e ciao, io sono arrivata. Tu prosegui? Sì, proseguo. Bene, arrivederci. Ti chiamo.

E ora era lì. C’erano volute molte telefonate. Io non ero mai in casa. Alla fine ci eravamo parlati, e lei era venuta da me sulla terrazza. Era arrivata sudata, ansimante. Quelle scale, nove piani, mettevano a dura prova. Ma mi avevano chiamato subito al telefono. La vecchia dell’ottavo piano aveva gridato il mio nome. Si faceva dare un peso per ogni telefonata. E dovevo sopportarla, perché così facendo avrei potuto comprare l’intera compagnia telefonica.

Ero sceso. Era Zulema. Agitatissima perché suo nipote era tornato dalla Svezia e anche perché aveva cacciato di casa il marinaio durante una sbronza. Ma perché cazzo tutti mi cercano per raccontarmi i loro guai?

Il nipote di Zulema, otto anni prima, era riuscito a farsi assumere a Varadero fuggendo dal padre comunista, a trovarsi una canadese piena di soldi e a sposarla. Se n’era andato con la canadese, brutta, vecchia e ricca. Aveva trovato lavoro, imparato perfettamente l’inglese, ottenuto la cittadinanza. Dopo un lungo braccio di ferro aveva divorziato dalla vecchia che non voleva mollarlo. E si era risposato con una ragazza meno ricca ma più giovane e carina. Adesso viveva in Svezia. E dopo cinque anni di assenza era tornato una settimana per rivedere la famiglia. Orgogliosissimo di pesare centotrenta chili, di andare in vacanza ogni anno in un paese diverso, di avere una bella casetta con la cappa aspirante in cucina e di lavorare come operaio in una fabbrica di missili e di aerei da guerra. Ma si sentiva nervoso e depresso. Beveva tutto il tempo tisane di tiglio perché aveva visto ovunque rovine e miseria, mentre ormai lui era abituato alle cose belle, pulite e luminose.

Zulema mi aveva raccontato tutto d’un fiato l’intera storia. Aveva tessuto le lodi del nipote operaio, dei suoi centotrenta chili e della sua cappa aspirante.

«Come gli è andata bene, Pedro Juan!».

«Sì, sì. E si ricorda ancora lo spagnolo o parla solo svedese o che altra lingua?».

«Non so, non so. Ma che c’entra? Com’è grasso! Dice che mangia bistecche tutti i giorni. Ahi, che felicità! Che cazzo vuoi che me ne importi se parla spagnolo o cinese? Per me potrebbe anche essere muto. Almeno mangia bene e ha la sua casetta. Quando viveva qui era ridotto pelle e ossa».

«Ahhh».

«Sono tristissima, perché ha vissuto con me un sacco di tempo. Era il mio nipotino preferito. Da Varadero veniva sempre qui perché a casa sua le liti col padre erano un vero tormento. È sempre stato pazzo. Avessi visto come faceva le boccacce alle spalle di quella vecchia canadese.



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