Tumulto by Hans Magnus Enzensberger

Tumulto by Hans Magnus Enzensberger

autore:Hans Magnus Enzensberger [Enzensberger, Hans Magnus]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858422717
editore: Einaudi
pubblicato: 2019-07-08T16:00:00+00:00


Di tutto questo non mi sono accorto, cosí come della nascita di Internet, che allora è scaturito da Arpanet, un’idea del Pentagono. Certo, non mi è sfuggito l’allunaggio di due americani nello stesso mese, sebbene trovi piuttosto noiosa la navigazione spaziale; nel complesso, però, soffrivo di una visione a galleria cui restavano preclusi non soltanto i faits divers, ma anche molte cose importanti.

Perché eravamo cosí fissati con la guerra del Vietnam, mentre i tanti altri conflitti armati che c’erano allora ci toccavano molto meno? In Nigeria morirono almeno due milioni di persone perché il Biafra voleva staccarsi dal governo centrale. Lungo l’Amur c’erano pericolose scaramucce; nella Guyana, nel sud dello Yemen, in Kenia e Nuova Guinea si combatteva; Irlanda del Nord, Colombia, Kashmir e Paesi Baschi erano sull’orlo della guerra civile. Sull’Honduras e su El Salvador si riusciva ancora a scherzare, sebbene la cosiddetta «guerra del calcio» avesse provocato duemila morti. Ma persino la guerra dei sei giorni fra gli arabi e Israele rimase oscurata da ciò che succedeva in Vietnam.

Spesso mi sono chiesto da che cosa dipendesse. Sono pochissimi i tedeschi della mia età che tendono all’antiamericanismo. Mi ricordo bene il momento in cui vidi i primi soldati USA. Fu in un villaggio francone. Cinque GI neri che stavano seduti intorno a un fuoco e fumavano. Erano arrivati con un’enorme colonna di carrarmati e avevano semplicemente spazzato via l’epoca hitleriana. Grandioso. Feci un respiro profondo e mi misi a parlare con loro. Non erano cenciosi come le truppe tedesche. Avevano le uniformi stirate e portavano con sé beni materiali che non conoscevamo. Ma ciò che era piú importante: avevano qualcosa che in Germania non c’era, qualcosa che cominciava con D, E e M ed era conosciuto anche altrove, per esempio in Inghilterra, in Svizzera e in Scandinavia.

Non ero l’unico ad apprezzare tutto questo. Tanto piú violenta fu la delusione nei confronti del governo degli Stati Uniti d’America, quando i suoi soldati all’altro capo del mondo puntarono le pistole alla testa di piccoli bambini gialli.

Fatti tuoi, se prima idealizzi una superpotenza e poi ti indigni perché non si attiene all’immagine che te ne sei fatto.

Non sapevamo che ormai la festa era finita

e che tutto il resto era roba

per i direttori centrali della Banca Mondiale

e per i compagni dei servizi di sicurezza […]

Dev’essere stato in giugno, no,

all’inizio d’aprile, poco prima di Pasqua,

camminavamo giú per la Rampa,

era l’una passata, Maria Alexandrovna

mi guatava con occhio lampeggiante d’ira […]

Parlavamo in un gergo ibrido,

spagnolo, russo e tedesco,

dell’incubo della raccolta.

Oggi naturalmente di quei dieci milioni di tonnellate

nessuno parla piú. Cosa

m’importa dello zucchero, sono un turista!

gridava il disertore, poi citava

Horkheimer, nientemeno Horkheimer

all’Avana! Parlavamo anche di Stalin

e di Dante, non so piú perché,

cosa c’entrasse Dante con lo zucchero.

Quegli stranieri che si facevano fotografare

sui campi di zucchero di Oriente, con il coltello

teso, i capelli appiccicosi, la camicia di canapa rappresa

di sciroppo e di sudore: che gente superflua!

Nelle viscere della capitale continuava comunque

a marcire l’antica miseria e tutto di urina stantia

e di stantie servitú puzzava […].

E quell’essere esile, in giro

per



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