Una stanza per Ada by Sharon Dodua Otoo

Una stanza per Ada by Sharon Dodua Otoo

autore:Sharon Dodua Otoo [Otoo, Sharon Dodua]
La lingua: ita
Format: epub
editore: NN
pubblicato: 2022-07-02T14:26:53+00:00


Ore 7.45

Era Elle. Si chinò su di me, così vicina che sentivo il suo respiro sul viso; così vicina che i suoi capelli mi facevano solletico al naso. Appena sveglia, in quel momento in cui tutto si mischia e odora di sogno, in quei primi attimi confusi pensai che fosse Cash. Ma forse non era vero. Forse sapevo che era lei; forse era solo che speravo fosse lui. Girai la testa dall’altra parte.

«Scusa» mi disse. «Non volevo svegliarti».

Non so perché dica sempre certe cose. Sappiamo entrambe che non è vero. Il suo sguardo scavava sempre più in profondità, alla contorta ricerca dei miei pensieri più intimi. Se quello sguardo fosse riuscito ad arrivare fino alla mia voglia di caffellatte, pensai, I would never hear the end of it.

«Mmmh?».

«Non ho detto niente».

«Lo so» sorrise. «Camomilla, ne vuoi un po’? È bio!».

Mi porse una tazza fumante. La sua tazza. La sua tisana. Scossi la testa e, mentre mi stiracchiavo, sentii un peso, una specie di nodo nel petto.

«No, grazie» mi sentii dire. La mia voce era più scura del solito.

«Stai bene?».

Mi schiarii la gola e annuii. «Mi sa che Calzino da grande farà il pugile».

«No, intendevo... oh, merda, ancora non l’hai saputo?».

Chiusi gli occhi. Nel preciso istante in cui Elle fece per porgermi il suo telefono, mi vennero in mente tutte le possibili cose che avrebbe potuto dirmi.

«È morto qualcuno?» domandai.

Quando scosse la testa, una ciocca di capelli le cadde sul viso.

Boris fucking Johnson aveva vinto le elezioni.

«Incredibile, vero?».

Non sapevo come risponderle. Non era incredibile. Era una catastrofe. Brexit. Già mi vedevo con il mio inutile passaporto su un volo che mi riportava in Ghana.

«Ho sempre pensato che avrebbe vinto, no?» disse Elle. «Te l’ho sempre detto».

Non mi venne in mente una reazione migliore e le restituii il telefono. Perché avevo pensato che sarebbe finita in un altro modo? In fondo era venerdì 13.

«Devo andare in bagno» dissi.

«È urgente? Volevo dirti una cosa».

Trattenni il respiro. Non prima del caffè, pensai. Per favore.

«Cosa?».

«Be’... spero che tu non ti arrabbi troppo...».

Le sue unghie erano sempre così corte, pensai. Forse avrebbe fatto meglio a rimettersi a fumare.

«... ma ho scritto a Cash...».

Non dissi nulla. Mi prudevano le mani. Avrei dovuto mettermi a fare la maglia. Mi alzai e andai verso la porta del balcone.

«Ada?».

«Dimmi».

«Non voglio immischiarmi nelle vostre cose...».

«Mmmh».

«Ma tu hai bisogno di soldi».

«Non da lui».

«Ti capisco. Nemmeno io vorrei accettare qualcosa da lui, ma...».

«Papà mi manda i soldi per il deposito cauzionale».

Non potevo vedere la sua espressione perché stavo guardando verso il balcone. Strinsi le labbra e incrociai le braccia.

«Okay» disse lei.

Ma niente era okay. Nessuna di noi sapeva cosa ne sarebbe stato di me. Mi dava fastidio che mi avesse costretto a mentirle. Mi dava ancora più fastidio che lei lo sapesse.

Fuggimmo entrambe dalla conversazione. Lei andò in cucina e accese la radio. Io immaginavo di essere in una casa mia. Tra le mie quattro pareti. Senza rumori. Una delle visite di oggi doveva avere successo. Per favore.

Sulla porta del balcone mi massaggiai la pancia con gli stessi movimenti circolari delle foglie che volavano in cortile.



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