Un'estate lunga sette giorni by Wolfgang Herrndorf

Un'estate lunga sette giorni by Wolfgang Herrndorf

autore:Wolfgang Herrndorf [Herrndorf, Wolfgang]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
ISBN: EPUB9788858623848
editore: Rizzoli
pubblicato: 2012-05-14T16:00:00+00:00


26

Ci accompagnarono tutti quanti al cancello del giardino e lì ricevemmo in regalo una zucca gigantesca. Era appoggiata a terra, sull’erba, e dissero che potevamo prenderla se volevamo, caso mai ci fosse venuta fame durante il viaggio. La prendemmo senza dire niente, perché quella gentilezza ci spiazzava e non riuscivamo a trovare le parole giuste per ringraziarli. Non sapevamo davvero cosa dire. Rimasero sul cancello a guardarci andare via e smisero di salutarci solo quando fummo molto lontani.

«Gran bella gente» disse Tschick. Mi chiesi se lo pensasse davvero. Il sospetto mi venne per via di quel gesto che aveva fatto, quando si era toccato la tempia con il dito, come per dire: questi sono tutti fuori di testa. L’espressione seria sul suo volto, però, mi tolse ogni dubbio: lo pensava davvero. E non solo che fossero della gran bella gente, ma anche fuori di testa. Aveva perfettamente ragione. Erano gentili, accoglienti, un po’ svitati, cucinavano da dio e sapevano una quantità inimmaginabile di cose, tranne dov’era il supermercato. Non avevano la minima idea di dove fosse.

Ma alla fine lo trovammo lo stesso. Uscimmo dal supermercato carichi come somari: due borse piene zeppe di roba da mangiare e la zucca gigante che portavo io. Dopo pochi metri appoggiai la zucca a terra e m’infilai in mezzo a due cespugli per pisciare. Tschick, borse della spesa in mano, tirò dritto senza voltarsi. Dettaglio, questo, non trascurabile e che si rivelerà purtroppo determinante.

Quando uscii dai cespugli, Tschick era ormai a centocinquanta, duecento metri da me e a pochi passi dalla Lada. Tirai su la zucca e nello stesso istante, da un accesso laterale esattamente a metà strada tra il punto in cui mi trovavo io e quello in cui era Tschick, spuntò un tizio che spingeva una bicicletta. Alzò la bicicletta, la capovolse e l’appoggiò sul sellino e sul manubrio. L’uomo indossava una camicia giallina, pantaloni verdi muschio con due mollette alle caviglie e sul portapacchi della bicicletta c’era un berretto bianco, che nella manovra cadde a terra. Fu solo quando vidi il berretto che mi resi conto che l’uomo era un poliziotto. E mi accorsi anche di una cosa fondamentale a cui non avevamo fatto assolutamente caso quando eravamo arrivati: non solo davanti al fienile c’era una casetta di mattoni rossi, ma sulla facciata della casetta in questione c’era l’insegna verde con la scritta bianca della stazione di polizia locale. Il poliziotto del villaggio.

Il poliziotto non ci aveva notati. Si mise a trafficare con i pedali della bicicletta, tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e provò a reinserire la catena sulla corona. Ma non funzionò e dovette usare anche le dita. Poi si guardò le mani sporche di grasso e le strofinò energicamente. E poi mi vide. Cinquanta metri più in là, in salita. Un ragazzo con una zucca gigante. Cosa dovevo fare? Aveva visto che andavo dalla sua parte, quindi decisi di continuare dritto, come se niente fosse. In fondo avevo solo una zucca in mano e la zucca era mia.



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