Vita di Enrico Berlinguer by Fiori Giuseppe

Vita di Enrico Berlinguer by Fiori Giuseppe

autore:Fiori, Giuseppe [Fiori, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDITORI LATERZA
pubblicato: 2014-10-24T22:00:00+00:00


XXV. Missione a Mosca (4)

1. La volta che, il 12 luglio 1975, a Livorno, città natale del Pci, nell’immensa piazza della Repubblica stracolma, Berlinguer e Santiago Carrillo parlano insieme, la parola «eurocomunismo» è già inventata ma non ancora d’uso corrente. L’ha scritta per primo tre settimane avanti, il 26 giugno 1975, sul «Giornale Nuovo» di Milano, nell’articolo Le scadenze di Brežnev, un giornalista jugoslavo esule in Italia, Frane Barbieri, che nel suo paese è stato vicedirettore di «Politika» e direttore di «Nin». Altri editorialisti, Arrigo Levi, Jean-François Revel, Enzo Bettiza, definiscono la stessa cosa diversamente; dicono «neocomunismo»1... Carrillo è il leader in esilio d’un partito fuorilegge: ma il regime franchista è lacerato, e il quadro internazionale muta positivamente. La dittatura s’è dissolta in Portogallo ormai da più d’un anno. Il 23 luglio 1974 la democrazia è tornata in Grecia. In America, l’8 agosto 1974 Richard Nixon, travolto dagli sviluppi del caso di spionaggio nell’Hotel Watergate, ha dovuto dimettersi per evitare il sicuro impeachment. Dal 30 aprile 1975, entrati i vietcong a Saigon, in Vietnam non si combatte più: un piccolo paese ha sconfitto la prima potenza del mondo...

L’avvicinamento dei comunisti italiani e spagnoli è avvenuto nella tormentata fase preparatoria di una conferenza dei partiti comunisti europei, dell’Ovest e dell’Est, voluta dai sovietici (si svolgerà a Berlino solo a fine giugno del ’76). Il proposito di Brežnev, un tentativo di recupero d’una funzione di guida, è avvertito e contrastato (di un documento proposto a base della conferenza, Pajetta ha detto in aprile che gli sembra scritto «in un tedesco tradotto dal russo antico» dell’epoca del Cominform). Unisce Pci e Pce, da tempo assolutamente autonomi, un’idea di socialismo «come fase superiore della democrazia e delle libertà». Il comizio di Livorno è preceduto da una dichiarazione comune. Vi si legge: «I comunisti italiani e spagnoli dichiarano solennemente che – nella loro concezione di un’avanzata democratica al socialismo nella pace e nella libertà – si esprime non un atteggiamento tattico ma un convincimento strategico, il quale nasce dalla riflessione sull’insieme delle esperienze del movimento operaio e sulle condizioni specifiche dei rispettivi paesi, nella situazione europea occidentale»2.

Mesi dopo, in autunno, viene a Roma Georges Marchais. La dissociazione del Pcf dalle scelte di politica internazionale del Pcus risale all’estate. Una svolta brusca e radicale. Prima rigidamente conformisti, dogmatici; di colpo autonomi, persino con punte di antisovietismo. È dell’agosto 1975 questa secca affermazione che, fatta da Marchais, sorprende: «La politica del Pcf viene decisa a Parigi e non a Mosca». Poi, in ottobre, l’incalzante agitazione a sostegno del matematico sovietico Leonid Pliusch, dissidente, e la «totale disapprovazione» dei maltrattamenti cui è soggetto in Urss. Seguiranno in successione accelerata, come per recuperare un ritardo, altre manifestazioni di rottura col passato prossimo, il superamento della nozione di dittatura del proletariato, persino il biasimo ai compagni che salutano con il pugno chiuso. A Roma, il 15 novembre 1975, Berlinguer e Marchais s’accordano su un documento. «Per la prima volta nella storia – vi si legge, ed è un’enfasi non priva



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