Zeman. Un marziano a Roma by Sansonna Giuseppe

Zeman. Un marziano a Roma by Sansonna Giuseppe

autore:Sansonna Giuseppe
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2013-01-24T05:00:00+00:00


LA PIÙ BELLA D'ITALIA

Arrivato in Italia nel 1969, Zeman ha assistito, pur da monotematico uomo di calcio qual è, a un mutamento cruciale della società italiana. I codici dell'avanspettacolo, fatti di donne discinte e mute, uomini mostruosi e tragicamente loquaci, doppi sensi logori, musica triviale, abbandonavano i teatri di provincia per diventare un punto di forza delle nascenti tv commerciali. Acquisendo una dubbia patina nobilitante e perdendo definitivamente il loro unico pregio: la forza vitale. Da allora si è sempre in onda, anche in assenza di telecamere. Accade anche a Riscone, in occasione della festa della Roma, celebratasi in un teatro all'aperto.

Il tramonto sulla Val Pusteria è una palese prefigurazione dell'Eden. Il profilo imbiancato delle Alpi, le nubi rossastre, immense e vaporose, la folta distesa di conifere, i fiori multicolori, il verde della prateria. La prova lampante dell'esistenza di Dio, che convive però con la sua più beffarda confutazione. Sul palco, infatti, si agitano due tristi entertainer, intenti a dare in pasto alla folla una schiera di ragazze minorenni, in costume da bagno nonostante il clima autunnale.

«Signori, guardate da dietro che filino di costume», ululano entusiasti. È una sessione del concorso «La più bella d'Italia». Dagli amplificatori Raffaella Carrà invoca, remixata, «A far l'amore comincia tu», offrendo il destro a uno dei presentatori per chiedere alle ragazze sculettanti, con voce liquida: «E voi, avete cominciato a fare l'amore?»

Nel frattempo qualche centinaio di tifosi si è assiepato sotto il palco, nell'attesa spasmodica dei propri beniamini. Che entrano fra gli applausi, capeggiati da Zeman. Accolti dalla performance del maestro Vittorio Lombardi, un sosia dimesso di Peppino di Capri, con manciata casuale di capelli tinti sul cranio e mise da pensione minima. Sul suo sito personale si scopre che era il vocalist dei Boom 67, nati nell'omonimo anno, sedicente gruppo spalla dei Pink Floyd e dei Procol Harum «in più di un'occasione». Da solista Lombardi ha condiviso il palco del Piper con Fred Bongusto e Bruno Martino. Stasera ci dà dentro da solo, a gola spiegata. La passione sopperisce alla tecnica vocale incerta. Svolazza disinvolto dai New Trolls a Barry White, per approdare a una toccante versione da curva di «Maledetta primavera» di Loretta Goggi («Di giorno e se-ra / alza al cielo la bandie-ra»).

Zeman è pietrificato. Nelle sue cornee ti sembra di vedere, in controluce, file serrate di carrarmati sovietici: «Passato quello, passerà anche questo», è l'intuibile sussurro muto. I giocatori, disposti in file come per una foto di classe, hanno l'aria inequivocabile di chi vorrebbe essere in un altrove qualunque. Cosa potrebbe succedere di peggio? Potrebbe piovere. E piove, come ogni giorno, ma il pubblico rimane compatto, spiegando ombrelli a distesa.

Il presentatore chiama allora alla ribalta Taddei, Dodo e Marquinho, i tre brasiliani, la chioccia di lungo corso e i due pulcini appena arrivati. Parte «Ai se eu te pego», invasivo tormentone sudamericano, imperversante da un anno. I tre ragazzi vengono istigati a ballarla, come foche ammaestrate. Ma rimangono paralizzati dall'imbarazzo, gelati dalla nostra percezione folkloristica del Brasile, ancora coincidente con un tripudio di samba, culi mulatti e pennacchi carnevaleschi.



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